Quella sera, tuttavia, Hans gli chiese o si chiese a voce alta (era la prima volta che parlava) cosa pensassero quelli che vivevano o frequentavano la quinta dimensione. All’inizio il direttore non capì bene, benché il tedesco di Hans fosse molto migliorato da quando era andato a costruire strade e ancora di più da quando viveva a Berlino. Poi afferrò l’idea e smise di badare a Halder e a Nisa per concentrare il suo sguardo di falco o di aquila o di avvoltoio necrofago negli occhi grigi e tranquilli del giovane prussiano, che stava già formulando un’altra domanda: cosa pensavano quelli che avevano libero accesso alla sesta dimensione di quelli che si collocavano nella quinta o nella quarta? Cosa pensavano quelli che vivevano nella decima dimensione, cioè quelli che percepivano dieci dimensioni, riguardo alla musica, per esempio? Cos’era per loro Beethoven? Cos’era per loro Mozart? Cos’era per loro Bach? Probabilmente, si rispose da solo il giovane Reiter, solo rumore, un rumore come di pagine accartocciate, un rumore come di libri bruciati.
In quel momento il direttore d’orchestra alzò una mano in aria e disse o meglio sussurrò in tono confidenziale:
«Non parli di libri bruciati, caro giovanotto».
Al che Hans rispose:
«È tutto un libro bruciato, caro direttore. La musica, la decima dimensione, la quarta dimensione, le culle, la produzione di pallottole e fucili, i romanzi sul Lontano Ovest: tutti libri bruciati».
«Di cosa sta parlando?» disse il direttore.
«È solo una mia opinione» ribatté Hans.
«Un’opinione come qualunque altra,» disse Halder che cercò, non si sa mai, di mettere scherzosamente fine al discorso, per non inimicarsi il direttore né farlo inimicare col suo amico «un tipico intervento adolescenziale».
«No, no,» disse il direttore «a cosa si riferisce quando parla di romanzi sul Lontano Ovest?».
«Ai romanzi di cowboy» disse Hans.
Questa dichiarazione parve togliere un peso di dosso al direttore, che dopo aver scambiato con loro qualche altra parola gentile non tardò a salutarli. Più tardi, il direttore avrebbe detto alla padrona di casa che Haider e il giapponese sembravano brave persone, ma che l’adolescente amico di Haider funzionava, senza alcun dubbio, come una bomba a orologeria: una mente rozza e potente, irrazionale, illogica, capace di esplodere nel momento meno indicato. Il che non era vero.
Roberto Bolaño, 2666