Ancora sui reading

[…] Ci sono buone ragioni per vedere la cultura digitale non come uno strappo nella storia umana, ma anzi come un ritorno di forme e comportamenti che fanno parte di un passato dimenticato. Nel suo libro “Sono le news, bellezza”, Michele Mezza parla di un “neoumanesimo digitale” basato su una condivisione di beni quale non si vedeva dall’epoca precapitalistica. […]

Dei reading avevo parlato con Massimo Giuliani proprio qualche giorno fa. Questa la riflessione di Max, uscita sul quotidiano Bresciaoggi per la rubrica Linguaggi della rete.

Dreadlock su Tarantula

Giulio Giordano, Pasolini dei Laureati
Pasolini dei Laureati visto da Giulio Giordano

“Dreadlock!” è una gran bella storia (e non le manca niente: sorprese e capovolgimenti compresi), ma la critica culturale che pervade tutto il racconto è solida e lucida. Emerge dalle descrizioni di quell’umanità inebetita, ma ancora di più esplode nella tristezza e nella solitudine di Matteo in mezzo a quella desolazione.

Su Tarantula Max Giuliani parla di Dread e poi mi fa pure un paio di domande; e poi Max parla anche della colonna sonora di Dread, e allora la metto qui.

Narrazioni e relazioni

Se uno va dal medico, sarebbe certo felice di avere solidarietà, ma ciò di cui soprattutto ha bisogno sono risposte vere sul suo stato di salute. E quelle risposte non possono limitarsi a interpretazioni più o meno creative: devono essere corrispondenti a una qualche realtà che si trova nel mondo esterno, cioè, nella fattispecie, nel suo corpo.

Maurizio Ferraris, Manifesto del New Realism

Clicca per scoprire la verità

Mi trovo a discutere qui con l’amico Max Giuliani in merito a new realism e narrazioni. Max è quello che io definireri un relativista, ma non ho mai capito davvero in quale modo lo sia – i postmoderni sono un po’ sfuggenti, si sa :). Nello specifico Max mi chiama in causa riportando un concetto che io avrei espresso durante la presentazione del suo La terapia come ipertesto, e cioè «che la convinzione per cui il cuore della nostra esperienza sia in definitiva narrativo è una pericolosa concessione a qualche premessa del berlusconismo». Io non ricordo di aver sostenuto esattamente questo, quanto piuttosto di aver rinvenuto una concezione relativista alla base dell’uso che Max fa della narrazione in terapia, e probabilmente avrò detto che è il relativismo a essere connesso al berlusconismo, cosa che i lettori di Yattaran avranno già letto in qualche forma da qualche parte su questo blog, così come avranno già incontrato da queste parti i concetti espressi dai commenti che ho pubblicato in calce al post di Max e che riporto qui sotto (lasciandoli alla seconda persona, ché so che Max ci tiene ai ponti :):

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Presentiamo La terapia come ipertesto

La terapia come ipertesto

In due serate (ho scelto due città delle Marche: Macerata e Pesaro) presenterò il mio lavoro insieme ad amici che ho scelto come interlocutori in base a due criteri: uno, che facessero un mestiere diverso dal mio; due, che fossero amici conosciuti on line. Così converseremo sul filo che separa artificiosamente i campi del sapere, intesseremo discussioni senza curarci dei confini arbitrari con i quali siamo soliti distinguere pezzi della realtà, in cerca di somiglianze, differenze, assonanze, parentele nascoste.
Sabato 11, alle 18, ci si vede all’Enoteca 075 di Pesaro (in via Rossini, Palazzo Gradari). A Pesaro sarò con Jacopo Nacci, autore di racconti, blogger e una serie di altre cose che scoprirò quella sera. Perché c’è un criterio “due bis” in base al quale ho scelto gli amici con cui parlerò del libro: non ci siamo mai incontrati nel mondo reale. Così in quelle sere, al Binario Zero e all’Enoteca 075, accadrà qualcosa che avrà a che fare con la distanza che separa il virtuale e l’attuale. Se ci siete, mi sa che ci divertiamo.

Così dice qui Max Giuliani in merito alla presentazione, che faremo assieme, del suo e non solo suo La terapia come ipertesto. Ricapitolando, dunque: siamo sabato alle 18 a Palazzo Gradari – in cortile se il tempo è bello; di sotto, al chiuso, se il tempo è brutto – e io ancora non so quale mestiere faccio, ma so che è diverso dal mestiere che fa Max: piano piano, per esclusione, ci arrivo.