L’altro me (parte settima)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta e la sesta)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Getter Robot (Toei, 1974)
Getter Robot (Toei, 1974)

Telestiké. La scoperta dell’esistenza del robot da parte dell’eroe, l’apertura del varco e l’emersione del sommerso arrivano insieme. Perché i mostri non sono i mostri dell’eroe prima della scoperta dell’esistenza del super robot: specialmente nell’era post-nagaiana, la scoperta dell’esistenza del robot e l’assunzione di responsabilità dell’eroe coincidono con la presa di coscienza della propria predestinazione, dunque del fatto che l’abisso è il suo abisso: il super robot è stato costruito per combattere mostri che fino a quel momento, se anche si erano già affacciati sul mondo reale, non sembravano rappresentare una faccenda personale dell’eroe, e l’eroe non era ancora eroe. Il super robot è il mediatore fra i due mondi e il guardiano del varco. In alcune serie, come Raideen e Diapolon, il carattere divino del super robot è esplicitamente affermato. E non è forse Getter Robot, in tutte le sue incarnazioni, quel costrutto della tecnica in grado di convogliare in sé i raggi getter, l’energia cosmica misteriosa che stimola l’evoluzione, tanto che i raggi e il robot  si intrecceranno come spirito e corpo, e si svilupperanno in forme sempre più forti e complesse, fino a sviluppare le pupille, lo specchio della coscienza?

A sua volta il fatto che il super robot non sia un’arma prodotta in serie, ovvero il fatto della sua unicità – che lo distingue dai mostri seriali e ne alimenta lo status di divinità e la funzione di mediazione – si riverbera sulla natura dell’abisso oltre il varco e contribuisce a caratterizzarlo come dimensione altra rispetto al reale quotidiano.

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L’altro me (parte quinta)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza e la quarta
)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Un mecha-oni (Getter Robot G – Toei, 1975)
Un mecha-oni (Getter Robot G – Toei, 1975)

Ciò che torna dall’abisso. Che significa passare dal raffigurare l’avversario come una potenza straniera che aggredisce dall’esterno (Mazinga Z), al raffigurarlo come un passato preistorico universale o mitologico (Getter Robot, Il Grande Mazinga), al raffigurarlo come un passato storico e mitologico, non privo di tinte horror, che ci appartiene, nel quale siamo radicati (Jeeg, Getter G)?

Significa sperimentare il male scontrandosi con un nemico apparentemente esterno; di quel male isolare la dimensione astratta e universale; e in questa riconoscere qualcosa che ci appartiene e a cui apparteniamo, un passato che ha a che fare con noi, che rivendica il possesso di ciò che riteniamo nostro, che ci aggredisce.

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L’altro me (parte quarta)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al ;Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda e la terza)

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Il Grande Mazinga (Toei, 1974)
Il Grande Mazinga (Toei, 1974)

Troppo umani. Torniamo dunque alla Mazinsaga. Quando il livello della guerra si alza, cioè quando Hell è sconfitto e i Micenei deviati riaffiorano dalla terra, Mazinga Z non è più competitivo: è il momento del potente Grande Mazinga, che rispetto allo Z ha i tratti demoniaci accentuati: spigoloso, puntuto, ha le spade, ha il fulmine. Anche la greca Afrodite è sostituita dalla sua versione romana: Venus.

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L’altro me (parte terza)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(prima parte, seconda parte).

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Mazinga Z (Toei, 1972)
Mazinga Z (Toei, 1972)

Prospettive della dimensione politica. Prendiamo Mazinga Z (1972). Il nemico ha connotazioni occidentali ed è un nemico contro il quale si schiera un robot fatto di Japanium: il punto di vista qui è nippocentrico. Il Doctor Hell, il nemico di Mazinga Z, è uno scienziato tedesco, che è stato nazista, così come il suo sottoposto Conte Blocken. Nella sua guerra per la conquista del mondo, Hell si serve di mostri meccanici costruiti secondo l’antica tecnologia di Micene, e intende impossessarsi del Japanium per integrarlo nella loro costruzione e renderli invincibili. Al contrario Mazinga Z è un robot costruito a scopo di difesa, perché la tecnologia può essere dio o demone, e la differenza morale qui la fa lo spirito giapponese, cioè il pilota come umanità, testa, ghiandola pineale del robot; su questa linea evolutiva, in Mazinkaiser (2001) Koji dovrà prima di tutto limitare, controllare il robot, e solo allora pilotarlo.

Il dominio della tecnica. In generale – non sempre – non ci troviamo tanto di fronte alla tesi di una natura neutrale della tecnica, il cui risultato dipenderebbe in toto dall’uso che se ne fa: piuttosto l’anime mecha sembra spesso lasciar intendere che la tecnica abbandonata a se stessa tende a prendere il sopravvento, e che l’eroe domina la tecnica nella misura in cui il suo cuore e la sua coscienza sono forti, mentre l’avversario appare anche visivamente dominato dalla tecnica.

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L’altro me (parte seconda)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014:
qui la prima parte.

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Bryking (Kyashan – Tatsunoko, 1973)

La dimensione storico-politica e la dimensione psico-mitica. Vi sono due distinte dimensioni simboliche in azione nel filone dell’animazione robotica degli anni Settanta, e si riverberano l’una sull’altra: una dimensione simbolica sociale, collettiva, storica e politica legata all’immaginario e al significato della Seconda guerra mondiale; e una dimensione simbolica che riguarda la vita mentale, affettiva, personale dell’eroe, il suo conflitto interiore e quello che ho chiamato l’universo psico-mitico o psico-teologico.

La dimensione politica. Prenderò in considerazione prima la dimensione storico-politica: è quella più difficile da snodare, ma cercherò di essere breve perché è anche il piano su cui si è scritto di più, mi pare, e rimando ai lavori di Fabio Bartoli e Marco Pellitteri – ai quali questa serie di post deve moltissimo e sotto molti aspetti; ho altresì un grande debito nei confronti di Marcello Ghilardi, di Gianluca Di Fratta, e della redazione di Anime Asteroid.

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L’altro me (parte prima)

Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014:

L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica

Gandal e Lady Gandal (Grendizer – Toei, 1975)
Lady Gandal e Gandal (Grendizer – Toei, 1975)

Una suggestione. È ciò che propongo. Avverto fin d’ora che sì, la mia aspirazione è descrivere la realtà, e tuttavia mi rendo conto che rischio di trasformarla, e non me ne faccio un grosso problema. Queste sono le considerazioni di una persona che si occupa di narrazioni, non di un esperto di anime, di un traduttore o di un filologo. Sicuramente i più competenti mi sgameranno fare qualche errore orrendo; nel qual caso sarò contento perché non si annoieranno, e sarò contento anche se questa serie di post dovesse essere d’ispirazione a qualche esperto.

Un campo. La suggestione che propongo riguarda gli anime robotici usciti fra il 1972 e il 1980, in particolare quelli di Go Nagai, di Yoshiyuki Tomino e della squadra composta dal regista Tadao Nagahama e lo staff Saburo Yatsude. E non tutti ma solo i super robot, cioè i robot che ricoprono un ruolo divino, mitologico – aspetto qui molto rilevante – come Grendizer/Goldrake, lasciando fuori i real robot, cioè le armi da guerra, come Gundam.

Avanzerò a cerchi concentrici perché ogni evoluzione rielabora organicamente le precedenti e si fa carico di qualcosa che nelle precedenti non era nominato direttamente e però era presente.

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La malvagità del bene – Mao Dante di Go Nagai

Non sia permesso ai demoni di infestare la terra con la loro iniqua presenza. Per questo i figli di Dio devono prepararsi alla guerra. Brandite il martello della giustizia e sterminate i demoni.

Dio
Mao Dante è un anime di Go Nagai tratto dall’omonimo fumetto del 1971, la cui pubblicazione fu interrotta per tema di blasfemìa. Storia: Belzebù e le sue truppe di demoni e satanisti tentano di risvegliare Dante, il campione dei demoni – un orrendo mostro partorito dai prolifici incubi del maestro – e conquistare la terra. A questo punto si potrebbe credere che la storia si dispiegherà secondo il consueto copione della lotta tra il Bene e il Male, e questo, in effetti, avviene. Solo che qualche puntata più in là cominciano a sorgere i primi dubbi sulla reale differenza tra i due plotoni, dato che i seguaci di Dio si macchiano di nobili crimini pur di vincere la loro battaglia. Eccezionale è la specularità di formule e visioni tra i due fronti:
Avrei voluto possedere la forza per resistere, per non cedere alle lusinghe di Dio, ma io sono un debole, un traditore, confessa Zenon, Signore delle Bestie, passato dalla parte di Dio.
Mentre i due eserciti si scannano facendo scempio di vite umane, ci si domanda quanto meno se la battaglia dei demoni non sia in qualche modo meno ipocrita della battaglia condotta dalla controparte divina. Ogni morale, sembra dire Nagai, ogni ordine, nella sua costituzione e nel suo mantenimento, richiede un sacrificio di vittime delle quali una sola basterebbe per rendere assurdo l’ordine stesso. E, tra due spietati, quello che non mente è in qualche modo meno antipatico – o, si potrebbe dire, più simpatico – di quello che mente.

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