I calicantiani
Qui la prima parte di “Le scuole teobaldiane”
Non mi è particolarmente difficile incontrare l’esponente più autorevole dei calicantiani, Marta da Castelfidardo (intendendosi con Castelfidardo la via principale del Ghetto di Pesaro), dato che frequentiamo la stessa mente e abbiamo, grazie al cielo, gli stessi orari. Chiedo a Marta di parlarmi un poco della distanza che separa i calicantiani dai neoteobaldici.
– Siderale distanza, sicuramente. Non abbiamo mai capito certi tipi psicologici e le loro manie, troviamo angusti i loro immaginari; crediamo di guardare le cose con il giusto metro; non riteniamo corretto divinizzare un autore, non lo riteniamo corretto dal punto di vista dello studio né dal punto di vista morale: rispetto al primo, si rischia di non comprendere la sua costante ricerca, di ridurre la sua opera a una monumentale esposizione di un sistema fatto e finito; insomma, pensi a cosa si è fatto con Platone, come ha giustamente osservato Mario Vegetti. E poi, come dicevo, la divinizzazione dei grandi è scorretta anche sul piano morale: se escludi dal genere umano chi è capace di grandi cose, di fatto sminuisci il genere umano.