How to Hack the culture

La scorsa settimana, a Pesaro, Margherita Hack ha presentato il suo volume Libera scienza in libero stato. La presentazione è stata organizzata dal Movimento Radicalsocialista che, chiudendo la nota informativa dell’evento, aveva scritto:

Comunque la si pensi sarà un onore e un piacere ospitare una donna libera, che non si è mai piegata di fronte a nessun potere, che ha acquisito enormi meriti scientifici e che è dotata di una umanità, spontaneità e comunicativa in grado di affascinare chiunque la ascolti, ben oltre la cerchia (assai ristretta) degli “addetti ai lavori”.

I corsivi sono miei.
La chiusa della nota informativa significa, se non ho capito male: comunque la si pensi, è un onore e un piacere avere in città un personaggio famoso che non parla della materia in cui è specializzato.

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GNAP! – la tecnica dello schiacciapatate

Puffo nero
I puffi neri fanno “GNAP!”

Prima o poi mi deciderò a compilare e pubblicare un elenco delle fallacie e delle mosse retoriche subdole che si stanno propagando in Italia in questi anni in modo massiccio e preoccupante: basti pensare all’uso diffusissimo e spensierato dell’argomento a uomo o del processo alle intenzioni. Temo abbiamo a che fare con la prole deforme nata dalle Nozze di Relativismo e Televisione: si tratta di fallacie e mosse che il loro stesso substrato ideologico incorona come uniche forme retoriche moralmente legittime; il medesimo substrato ideologico, intanto, rovescia senza pietà argomenti e dimostrazioni nel cestino delle dialettiche immorali; tutto ciò sta trasformando una parte della popolazione in troll (nel senso internautico) e l’altra parte in soggetti schizofrenici costretti a interrogarsi e rispondersi da soli; se gli schizofrenici che si interrogano e si rispondono da soli mi fanno venire in mente Socrate in Gorgia 506c-507c, i troll mi fanno venire in mente – più che sofisti come Gorgia, Callicle o Polo – i puffi neri, o i film di zombie dove i virus si impossessano dei cadaveri; e credo sia significativo che, nella filmografia sugli zombie, gli zombie si siano fatti via via sempre più rapidi e aggressivi.

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Radio Genica 2. La “cultura”

Pesaro, ultimo ponte sul Genica
Pesaro, ultimo ponte sul Genica

Fino a qualche anno fa avevo un problema con l’arte. Per questioni scolastiche (ho fatto il liceo classico), ho spesso frequentato persone che, provenendo da ambienti dove il visivo e il concettualmente sottile li si respira fin dalla tenera età, avevano sviluppato una comprensione (che sembrava innata) proprio per ciò che più difficilmente può essere spiegato. Questa difficoltà della spiegazione, a me, che quella facoltà non la avevo mai acquisita, dava sui nervi; il mondo dell’arte mi appariva esoterico, fino al punto di indurmi a pensare che di fatto non ci fosse nulla da comprendere: per molto tempo ho creduto che chi “scegliesse” di dire bellissimo di fronte a un quadro – che avesse magari meno di centocinquant’anni di storia – lo facesse per sentirsi e dichiararsi parte di un’élite intellettuale.

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Radio Genica 1 e ½. Dire le cose

Pesaro, Genica
Pesaro, foce del Genica, particolare

Ho sentito dire – in giro, al bar, in rete – che in parlamento, il giorno della fiducia, “Di Pietro le ha cantate a Berlusconi”, che “Di Pietro ha detto le cose come stavano”. “Di Pietro distrugge Berlusconi” recita il titolo di un ormai noto video (link tolto, causa scomparsa del video, NdJ), ovvero: Di Pietro chiama Berlusconi “stupratore della democrazia”, “spregiudicato illusionista, anzi: pregiudicato illusionista”.
Un paio di giorni fa Vendola (cioè lo staff di Vendola) ha pubblicato sul suo profilo Facebook queste parole: “Il lavoro fondamentale da fare è lo scavo nel suolo delle parole. Il centro sinistra oggi è un palcoscenico che non ha parole”. Molti commentatori hanno contestato questa dichiarazione.

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Radio Genica 1. Informazione e formazione

Pesaro, foce del Genica, particolare
Pesaro, foce del Genica, particolare

Da dove sto chiamando: se mi baso sulle orecchie – ovvero ciò che sento in giro, al bar, in rete – mi sembra che le manifestazioni di un disagio italiano e pesarese rispetto alla più o meno reale esistenza di un regime si esauriscano nella denuncia dell’illegalità e di una presunta censura dell’informazione. Questo lo dico da un punto di osservazione particolare: un’inespugnabile roccaforte della sinistra (si fa per dire), dove a un pds-ds-pd, che da anni alimenta una considerevole percentuale di berlusconismo nel proprio dna e che oggi assomiglia ogni giorno di più alla Lega, si oppone (si fa per dire) una sinistra che di sinistra ha poco, con radici grilline, perennemente impegnata nel diffondere «l’informazione» e nell’indignarsi per l’illegalità in prospettiva sia locale sia nazionale.

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Concezioni altissime

Hiimelectric, Television, 2007

Su Il Fatto Quotiano è stato pubblicato uno scambio epistolare tra Nicola Lagioia e Antonio Ricci (la sequenza è: articolo di Lagioia, lettera di Ricci, lettera di Lagioia); lo scambio è riportato da Minima et moralia qui.
Nella lettera di Ricci si leggono tre argomenti.

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Martiri della tecnica – parte seconda:
la riduzione a cosa

Clemente Susini, Statua di giovane donna giaciente
Clemente Susini, Statua di giovane donna giaciente, 1782

Qui la prima parte.

Un discorso che tratti come una cosa quella parte di me che è una cosa non mi sembra una riduzione a cosa. Per esempio rispetto alla biologia io sono una cosa, e se un biologo nel suo discorso mi tratta come una cosa per ciò che concerne l’ambito della sua materia, io non avverto alcuna mancanza di rispetto da parte sua nei miei confronti. Quando il biologo userà il mio nome, lo userà per riferirsi non propriamente a me, alla mia identità, ma alla cosa che ha le mie caratteristiche biologiche. Diversamente, rispetto alle mie emozioni e alla mia capacità di decidere, sono una persona, che è anche una cosa, nella sua base biologica, ma non è solo una cosa.

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Martiri della tecnica – parte prima:
del non nominare

Ferruccio Mengaroni, Medusa, 1925
Ferruccio Mengaroni, Medusa, 1925

Sul caso relativo al finevita andato in onda in Italia negli anni appena trascorsi e in particolare l’anno scorso, non ho saputo trovare, per quello che rientra nelle mie capacità, alcuna alternativa al non nominare il nome della persona più di ogni altra coinvolta con il suo corpo e con la sua identità. Il nominare, in tutte le forme che mi sono venute in mente e in quasi tutte le formule di cui ho fatto esperienza, lo sento ricadere nel campo gravitazionale di un’antropologia che intuisco e che ancora non sono forse in grado di definire con precisione, ma che mi terrorizza. In tutte le forme che mi sono venute in mente e in quasi tutte le formule altrui di cui ho fatto esperienza, il nominare lo sento essere, in modo chiaro e distinto, uno strumentalizzare. Di tutte le strumentalizzazioni, quella ideologica mi sembrava e mi sembra il male minore. La strumentalizzazione che sento essere il male maggiore è quella che per ora, senza molta precisione, chiamo la strumentalizzazione emotiva, la quale avviene, mi sembra, per mezzo dell’appropriazione del nome e dell’immagine, ovvero dell’identità, e quindi, in un qualche modo, della persona.

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L’ultimo ammicca

Da Così parlo Zarathustra, di Nietzsche:

“La terra allora sarà divenuta piccola, e su di lei andrà saltellando l’ultimo uomo, che renderà tutto piccino. La sua schiatta è indistruttibile come la pulce di terra; l’ultimo uomo è quello che vive più a lungo di tutti.
Noi abbiamo inventato la felicità, dicono gli ultimi uomini, e ammiccano.
Hanno abbandonato le regioni dove era duro vivere: perché c’è bisogno di calore. Si ama ancora il prossimo e ci si strofina a lui: perché c’è bisogno di calore.
Ammalarsi e diffidare è per essi peccato: e si va avanti guardinghi. Pazzo chi ancora incespica sulle pietre o sugli uomini!
Ogni tanto un po’ di veleno: esso fa sognare gradevolmente. E alla fine molto veleno, per gradevolmente morire.
Si lavora ancora, poiché il lavoro è un modo di passare il tempo. Ma si cerca di fare in maniera che questo divertimento non danneggi.
Non si è più poveri o ricchi: entrambe le situazioni sono troppo impegnative. Chi vuole ancora dominare? Chi vuole ancora obbedire? L’una e l’altra cosa sono troppo impegnative.
Non un pastore e il suo gregge! Ognuno vuole la medesima cosa, ognuno è uguale; chi sente altrimenti, va diritto al manicomio.
In altri tempi tutti erano pazzi, dicono i più raffinati e ammiccano.
Si è saggi e si sa tutto ciò che è accaduto: così non si finisce mai di sorridere. C’è ancora chi s’arrabbia; ma ci si rappacifica presto per non sciuparsi lo stomaco.
Si possiede la piccola gioiuzza per il giorno e il piccolo piaceruzzo per la notte: ma si rispetta la salute.
Abbiamo inventato la felicità, dicono gli ultimi uomini e ammiccano.”