J: -Posso farti una domanda?
B: -Hhh…
J: -…
B: -Va bene. Fammi la domanda, su.
J: -Perché hai scelto lui e non me?
B: -Lo sapevo…
J: -Cosa?
B: -Che la domanda era questa.
J: -Sì, effettivamente è questa. Puoi rispondermi?
B: -…
J: -…
B: -Perché… vedi, tu non riesci a capire… Lui se la tira, fa sembrare che ti fa un favore, racconta un sacco di balle su di sé: è il classico tipo stronzo, ti dà insicurezza. Capisci? Si fa desiderare, si sa… vendere.
J: -…
B: -Tu invece ti proponi cortesemente, ti poni per quello che sei, si capisce subito che non stai mentendo… Con te è tutto chiaro, tutto limpido: di uno come te si può essere solo amici.
J: -È questo che dovrei capire?
B: -Vedi? Non puoi capirlo. Eppure chissà quante volte te lo sarai sentito fare ‘sto discorso.
J: -Tante da maledirlo, ma l’ultima volta è stata nel 1997, e a farmelo è stata Rossella, terza liceo classico.
B: -Ecco, vedi allora?
J: -Ma “vedo” cosa? “Vedo” cosa? Siamo nel 2007, tu hai trentasette anni, ti chiami Bartolomeo e hai una ditta di cucine, e hai assunto un altro invece di me perché lui è un coglione, vacca miseria, ti rendi conto?
B: -Tz. Vedi? Non capisci.
J: -Cosa? Cosa “non capisco”?
B: -Non ti stai facendo desiderare, stai sbagliando tutto…
J: -Non ci credo…
B: -…dovresti sorridere, fingere che mi sono perso qualcosa…
J: -Ditemi che non è vero…
B: -…tipo, che so: farti vedere mentre lavori per un altro.
J: -Svegliatemi, per la madonna svegliatemi.