Radio Genica 2 e ¾ – note sparse intorno a RG2½


Pesaro, foce del Genica
Pesaro, foce del Genica


Mad Max

Città in Comune, la lista civica di sinistra che si presentò alle ultime amministrative come alternativa seria al PD, tappezzò la città con manifesti che invitavano a votarla “perchè la cultura non è un rinfresco”, sbagliando l’accento del perché. Chi controlla i controllori? Posso credere in qualcuno che mi parla dell’importanza della “cultura” e che nel contempo con ciò che chiama “cultura” non ha familiarità? Lo scenario è oltre la sfera del tuono: a parte pochi solidi luminari, attorno a me e dentro me vedo poca familiarità con la “cultura” e un elettore che riempie la rete di commenti sgrammaticati nei quali denuncia l’ignoranza dei leader leghisti, cioè un elettore che sta dicendo «io (per diversi casi della vita) non sono “colto”, ma pretendo che lo sia chi mi governa», mi sembra un elettore saggio. Allo stesso modo, anche senza sapere nulla di medicina, pretendiamo che chi ci cura abbia una laurea. Si potrebbe obiettare che nemmeno un politico deve per forza essere colto: ricopre un incarico che non è direttamente coinvolto con la “cultura”; oppure: è coerente con la linea anticulturale del suo partito. Ma un politico, un intero staff, che volesse difendere la “cultura”, che ponesse la difesa della “cultura” nel suo programma, potrebbe permettersi di non avere familiarità con la “cultura”?

Non è di nuovo una griffe, allora, quella di Città in Comune? Io posso anche pensare che un politico non debba essere necessariamente “colto”, ma uno staff che punta ad amministrare una città, e che pone la difesa della “cultura” nel suo programma, può permettersi di non annoverare nessuno al suo interno in grado di accorgersi di un errore come quello del manifesto, che rende il manifesto così tristemente simbolico? Un tale staff avrebbe con la “cultura” quel minimo di familiarità necessaria per poter esprimere un assessore alla cultura degno di questo ruolo? Ma va bene: magari questo assessore alla cultura deciderà, saggiamente, di avvalersi di uno staff che sia competente nel campo della “cultura”, ma come fa a scegliere – lui o chi per lui – i membri di questo staff, se non ha – lui o chi per lui – almeno le competenze per distinguere l’incompetente dal competente nel campo in cui di volta in volta si presume che il competente debba essere competente? (Hai voglia a parlare di “chiara fama”, su quale medium? in quale circuito? in quale raggio?) Uno scenario Mad Max può aspirare a crescere, a tornare a essere civiltà, forse; ma attenzione, appunto: “a tornare”; uno scenario Mad Max non è uno scenario preistorico: è uno scenario post-storico, degenerato, dove la mancanza di familiarità spesso assume le sembianze di un ciclope che con la mano sinistra riverisce la “cultura” mentre con la mano destra la disprezza.


Prima legge del Genica

In uno scenario Mad Max, la percezione che un ascoltatore/ lettore/ interlocutore ha della spocchia di un parlante/ scrivente/ interlocutore sale proporzionalmente alla stringenza delle argomentazioni del parlante/ scrivente/ interlocutore.


Seconda legge del Genica

In uno scenario Mad Max, la percezione che un ascoltatore/ lettore/ interlocutore ha della spocchia di un parlante/ scrivente/ interlocutore sale se l’ascoltatore/lettore/interlocutore associa in qualche modo al nome del parlante/ scrivente/ interlocutore uno o più tra i seguenti sostantivi: filosofia, letteratura, cultura, laurea. E ciò indipendentemente dalla stringenza delle argomentazioni del parlante/ scrivente/ interlocutore e dal suo modo di parlare o di scrivere.


Terza legge del Genica

In uno scenario Mad Max, la coscienza, da parte dell’ascoltatore/ lettore/ interlocutore, di subire l’azione svolta dalla Seconda legge decresce gradualmente mano a mano che si sposta a sinistra la posizione politica che l’ascoltatore/ lettore/ interlocutore ritiene di occupare.


Quarta legge del Genica

In uno scenario Mad Max, la percezione della supposta spocchia di un parlante/ scrivente/ interlocutore, così come considerata nella Seconda legge, decresce proporzionalmente all’aumentare della distanza tra ascoltatore/ lettore/ interlocutore e parlante/ scrivente/ interlocutore: se quest’ultimo è vicino, locale, avvicinabile, la percezione è massima; se è lontano e inavvicinabile, la percezione è minima.


Mad Max II

Se si genera una prima fase della comprensione del berlusconismo letto come operazione contro la formazione e la cultura, non sarà necessario cercare di difendere la specificità delle competenze nei territori occupati negli ultimi anni, a sinistra, dalla degenerazione del PD e dal «nuovo attivismo, legalista e informativo» (cfr. RG1) o semplicemente (vediamola più dal-basso) dalla mancanza di familiarità? Non c’è il rischio, in molti casi, che per le tendenze della reverenza e del disprezzo sia escluso dalla discussione proprio chi ha competenza (anche solo quella competenza, fondamentale, che sta nel sapere di non avere competenza)? Non c’è il rischio di un’appropriazione selvaggia dei termini “cultura” e “formazione” e di un loro svuotamento di significato? Non c’è una tendenza generalizzata a pretendere di essere in grado di giudicare dello scibile, a non accettare il fatto che il cielo sia più vasto delle categorie di ognuno? Cos’è il dal-basso? Cosa intendiamo oggi con democrazia? Se il berlusconismo qualcosa ha dimostrato è che il nostro concetto di libertà è da rivedere, altrimenti non saremmo sempre a discutere sulla semantica del termine regime, a domandarci se si possa parlare di regime in merito a un sistema che da un lato si basa su libere elezioni e dall’altro mira a distruggere la formazione degli elettori.


Addendum

Una buona cosa da fare, quando si insegna filosofia, è passare subito allo studio degli autori e dei problemi, senza che i preamboli sul significato della parola filosofia o su che cosa sia la filosofia si prendano troppo spazio – e pure, in questo caso, discussioni sul significato della parola e su cosa sia la filosofia sarebbero già pratica della filosofia stessa, ma questo si può fare anche dopo. Meglio piuttosto gettarsi al più presto su Talete e Anassimandro, e rialzarsi in fretta, e correre a gambe levate verso Eraclito e Parmenide. È possibile che con la “cultura” possa valere un discorso analogo? Che sia forse il caso di nominarla il meno possibile, di concedere meno allo svuotamento del sostantivo, alla sua trasformazione in griffe?