Il commissario Luca Palermo guida con la mano sinistra, con la destra si prende a schiaffi la fronte, e si dà dello stupido, e non riesce a trattenere un sorriso. È un tardo pomeriggio di ottobre. La Yaris fila sull’asfalto perfetto di una strada di periferia. Attorno il tramonto getta un velo rossastro sul cemento nudo che chiude i terrapieni, sui blocchi forati, sulle gru e i caterpillar, sui nastri di plastica tesi tra una spranga all’altra, che vibrano al vento leggero. Ogni tanto si leva un palazzo già realizzato, un supermercato dalla sigla sconosciuta, un’edicola dispersa nel nulla.
Palermo scuote il capo mentre ripensa alle parole pronunciate da Giancarlo Giliotti e Maria Montesi tre mesi prima.
«Io queste cose, stare in televisione, parlare del dolore, non le so fare», aveva detto lui, «non le ho mai rette quando le facevano gli altri, non le capivo».
«Non siamo stati capaci di andare ai telequiz per provare a campare, s’immagini lei, Commissario» aveva fatto la moglie.
«Però», aveva aggiunto Giliotti allargando le braccia, «se serve a far appassionare quanta più gente possibile alla storia di Franci, lei capisce: è questione di vita o di morte». […]
Nella rubrica Speedromance di Ziguline, a cura di Patrizio D’Amico, si può leggere il mio racconto Piano A.
L’idea di base di Piano A è dell’amico Luca Palermo, per questo il protagonista del racconto si chiama Luca Palermo.