Scendendo dal treno a Torino eri sereno, andavi a vedere la foresteria dove una camera singola ti attendeva e ti avrebbe accolto per tre mesi invernali: consigliata, la foresteria, dai preti. Immaginavi il lungo corridoio, consegnato su un lato ai fedeli pannelli di legno di noce intarsiato, la sua navata attraversata dai meditabondi ospiti, l’altra parete ritmata dalle porte, una e un’altra e un’altra ancora e ancora fino alla tua porta, la tua camera con gli spessi mobili di legno, la scrivania, la libreria da colmare e colma un’ora dopo l’arrivo, l’inverno a Torino.
Scendi dal treno a Torino e sei a Torino Lingotto, e devi trovare la foresteria. Ti guardi intorno e per la prima volta realmente realizzi il significato del nome della zona dove ti hanno detto di recarti: Ex villaggio olimpico, dove per quattro giorni e fino a due minuti fa “villaggio” faceva caldo e comunità, e “olimpico” vicino a “villaggio” sapeva di prati e campi da calcio e da tennis, ed “ex” faceva riutilizzo sociale, mano salvifica e provvidenziale; ora vedi che “olimpico” sa di evento di tecno-mercato, “villaggio” sa di divisione dormitorio ed “ex” sa di residuo di un evento trascorso, spazzato dal vento. Così: sei al centro dell’imponente agglomerato, l’organo transitorio che la città si è costruita e ha poi abbandonato a se stesso. Altresì comprendi, improvviso e inquietante, il significato di “Palazzina 14” che ti hanno detto di cercare e che ora riconosci: palazzina, palazzina, tuo dio, come ti è accaduto di narcotizzare il sostantivo? Cerchi Palazzina 14 tra un mucchio di Palazzine che assomiglierebbe alle Cellette se le Cellette fossero l’ambientazione di Hokuto No Ken: ogni Palazzina è altissima, bianca e stretta, e reca subito sopra all’entrata una bandiera rossa che ne indica il numero, cioè il nome; alla base di ognuna i vetri sporchi su due lati mostrano un atrio dalle pareti azzurre contenente una scrivania di plastica arancione, una sedia in pvc; venti Palazzine vuote nel deserto, alle spalle delle quali s’impongono alla vista un enorme cerchio rosso, un indistinto monumento di metallo e ancora dietro la stazione di Torino Lingotto dalla quale sei sbucato ignaro come un topo. La numerazione segue una logica ignota simile al caso, e solo ripercorrendo in diverse combinazioni il già percorso giungi alla base di Palazzina 14: sulla sedia in pvc siede un uomo che tiene sulla scrivania di plastica arancione, tra le dita anellate, un quadernone a scacchi.
Continua a leggere questo post