
Asophia, commentando questo post, in merito all’ipotesi tipografica (che non è l’ipotesi casa editrice a pagamento), dice di credere che vi sia una bella differenza tra scrivere su un blog e “scrivere un libro che verrà editato (nel senso di “pubblicato”, NdJ), per l’aspetto cartaceo in sé, per avere tra le mani la propria creatività e annusarne le pagine e la bellezza di sfogliarle”.
Lì per lì stavo per rispondere con un altro commento; mentre scrivevo, però, mi sono accorto che avvertivo una certa difficoltà nell’esprimere il mio pensiero, e ho deciso che sarebbe stato più onesto scrivere un post, perché un commento è meno esposto.
Mi rendo conto di avventurarmi in un territorio delicato; non si parla più di case editrici a pagamento e quindi (forse) non si parla più di acquisto di titoli nobiliari. La questione è (forse) più sottile e tocca la sensibilità di chi si senta chiamato in causa, da una parte e dall’altra. Ciò che vorrei provare a fare è tratteggiare una differenza tra due universi che mi pare di vedere, ma posso farlo solo partendo dalle mie sensazioni, e dunque non è detto che nella descrizione delle mie sensazioni, che userò per tratteggiare questa differenza, possano ritrovarsi coloro che stanno da “questa parte”, non solo perché è possibile che essi stiano da “questa parte” con tutt’altri pensieri e sentimenti, ma anche perché è possibile che, per alcuni di loro, “questa parte” sia quella di chi non pubblicherebbe per una casa editrice a pagamento, e non quella, come è per me, di chi non pagherebbe per pubblicare. In ogni caso ringrazio Asophia per il suo commento, senza il quale non avrei avuto modo di scrivere questo post.