Prima o poi mi deciderò a compilare e pubblicare un elenco delle fallacie e delle mosse retoriche subdole che si stanno propagando in Italia in questi anni in modo massiccio e preoccupante: basti pensare all’uso diffusissimo e spensierato dell’argomento a uomo o del processo alle intenzioni. Temo abbiamo a che fare con la prole deforme nata dalle Nozze di Relativismo e Televisione: si tratta di fallacie e mosse che il loro stesso substrato ideologico incorona come uniche forme retoriche moralmente legittime; il medesimo substrato ideologico, intanto, rovescia senza pietà argomenti e dimostrazioni nel cestino delle dialettiche immorali; tutto ciò sta trasformando una parte della popolazione in troll (nel senso internautico) e l’altra parte in soggetti schizofrenici costretti a interrogarsi e rispondersi da soli; se gli schizofrenici che si interrogano e si rispondono da soli mi fanno venire in mente Socrate in Gorgia 506c-507c, i troll mi fanno venire in mente – più che sofisti come Gorgia, Callicle o Polo – i puffi neri, o i film di zombie dove i virus si impossessano dei cadaveri; e credo sia significativo che, nella filmografia sugli zombie, gli zombie si siano fatti via via sempre più rapidi e aggressivi.
La lingua e l’Osceno
«44. La tattica che l’Osceno persegue è lungimirante e, al tempo stesso, delirante. Inutile volerle opporre i solidi argomenti di una ragione o quelli dell’interesse comune. Credere di poterla criticare in nome della coerenza e della ragionevolezza, significa dimenticare come il potere ubuesco si fondi proprio sulla sua incoerenza ossia sulla possibilità di cancellare ogni contraddizione tra una versione dei fatti e quella successiva, tra un’opinione e l’altra, come tra due immagini tra loro contrastanti. Ma è anche vero che, nel momento in cui ha potuto deridere ogni interlocutore che provasse ad argomentare razionalmente le sue affermazioni, il potere ubuesco ha cancellato di fatto la possibilità stessa di una dimensione pubblica. A tal scopo ha addestrato un piccolo esercito di professionisti della menzogna, abituati a interrompere sistematicamente ogni ragionamento, facendo passare gli altri per pesanti e indigeribili intellettuali e se stessi per brillanti conversatori, quando invece sono solo squadristi mediatici.
Dimanche
Se la divina volontà impone al momento presente il dovere di leggere, la lettura realizza in fondo al cuore il fine misterioso; se la divina volontà impone di lasciare la lettura per un dovere di contemplazione attuale, sarà questo dovere a realizzare in fondo al cuore l’uomo nuovo, e la lettura diventerebbe allora pericolosa e inutile. Se la volontà divina distoglie dalla contemplazione attuale e impone invece di ascoltare le confessioni ecc., e questo (per) un tempo considerevole, tale dovere forma Gesù Cristo in fondo al cuore, e tutta la dolcezza della contemplazione non servirebbe che a distruggerla.
Indignazione e satira nell’Osceno
«Fa ancora parte dell’indifferenza prodotta dall’Osceno il fatto che ci si indigni. Benché appartenga alle reazioni spontanee che questo sistema provoca, l’indignazione è ancora una di quelle armi spuntate che l’Osceno stesso offre ai suoi critici. Da questo punto di vista vale ancora il suggerimento di Marcuse secondo il quale “solo nell’indignazione l’Osceno è più che un fantasma” e che l’indignazione è ancora parte costitutiva del problema. Forse non c’è espressione più rivela trice della situazione attuale che la frase “siamo tutti scandalizzati”. Nello scandalo, di cui tutti sono scandalizzati, nessuno è chiamato ad assumersi alcuna responsabilità. È sufficiente essere scandalizzati, o dichiararsi tali, perché sia garantita l’assoluzione dalle proprie colpe o dalle proprie complicità. Anche affermare l’insopportabilità della si tuazione non ne intacca minimamente il potere. L’attesa di una svolta, la percezione che si sia passato il limite, fa ancora parte dell’Osceno. Del resto, proprio la convinzione che si sia superato un limite ulti mo permette alla fine di sopportare tutto, anche l’insopportabile. Si mili dichiarazioni sono piuttosto sintomatiche di come la comparsa dell’Osceno lasci la nostra lingua arsa, svuotata delle sue capacità. Che nella situazione italiana attuale, le stesse risate della satira finiscano per essere, malgrado tutto, l’emblema della nostra impotenza e del la nostra paura, mostra come l’espropriazione del linguaggio, di cui facciamo quotidianamente esperienza, colpisca proprio la capacità di ridere. I primi e forse i soli a dover essere feriti da queste risate siamo noi stessi, e non certo l’osceno potere ubuesco a cui esse sono rivolte.»
Gianluca Solla,
“L’Osceno. La società immaginaria e la fine dell’esperienza”,
in Filosofia di Berlusconi, a cura di Carlo Chiurco.
Resa di un recensore di Candida (parte quarta)
Come si può leggere nelle parti precedenti di questa resa, qualche considerazione sul Bisogno dei segreti l’ho fatta; per esempio, questa: il ruolo che negli altri romanzi di Candida era svolto da una percezione distorta della realtà, una percezione prodotta dall’ossessione, nel Bisogno dei segreti è svolto da una consapevole manipolazione dei dati di realtà a opera di una protagonista che organizza ai danni del mondo un piano ben preciso, un piano che consiste nel trasformare la realtà altrui in un incubo. Per ora teniamola qui, questa considerazione.
Ho detto che in questa quarta e ultima parte avrei parlato del modo in cui, nel Bisogno dei segreti, accade tutto ciò che accade. Ecco. Innanzitutto c’è il gusto della lettura, talmente intenso che posso prendere in mano il libro con le migliori intenzioni esegetiche e dopo un po’ sto correndo sulle parole dimenticandomi completamente degli universi candidiani, delle cartine geografiche, di tutto quell’armamentario cerebrale da cerebralisti; dopo averlo letto la prima volta mi sono pure detto: rileggendolo non succederà; e invece è successo di nuovo. In secondo luogo nel Bisogno dei segreti i temi candidiani sono come sminuzzati, centrifugati, amalgamati, affogati in una pasta completamente nuova; qui c’è un testo che non rinuncia alle descrizioni ossessive ma, rispetto al passato, nasconde i simboli più profondamente, o diversamente: i simboli entrano nella mente di soppiatto, come alle spalle di una sentinella; ma la sensazione è che andranno tutti dove devono andare, e andranno a conficcarsi più in profondità di dove li avrei sistemati io se si fossero fatti vedere dalla sentinella.
Grigorios Kapsomenos
Ieri ho appreso che il 9 aprile se n’è andato Grigorios Kapsomenos, per molti semplicemente Gregorio, il libraio della Libreria delle Moline. La Libreria delle Moline: credo che rimarrà, per molti di noi, l’archetipo della libreria. Grigorios: in dodici anni trascorsi a Bologna tra università, strade, centri sociali, facoltà, collettivi, osterie, laboratori, appartamenti, redazioni, non ho mai incontrato nessun altro che emanasse – quasi visibilmente, quasi tangibilmente – una simile aura di cultura, profondità umana e profonda umanità.
Su Carmilla Chiara Cretella ricorda Grigorios.
Genere
Il secondo prodotto di genere che giace sulla mia scrivania, dopo una lettura notturna, viene presentato come una raccolta di racconti horror, ma forse ho letto troppo Lovecraft, Poe, Stephen King, Gianfranco Nerozzi, Lansdale… no, non credo proprio che questo libro sia una raccolta di racconti dell’orrore. Questa è letteratura minimalista mascherata da narrativa di genere, ché l’horror è un’altra cosa, possiede altre regole e convenzioni.
Gordiano Lupi ha recensito Orbite vuote qui.
Resa di un recensore di Candida (parte terza)
La via mistica. Forse di fronte a un mondo, a un corpo e a una morte che reclamano la propria realtà, di fronte alla coscienza piena della nostra transitorietà, è possibile risvegliarsi davvero (dalle manie, dal sogno, dalle paranoie), e amare davvero (se stessi, gli altri), tanto da sacrificare il proprio buon nome e la propria immagine pubblica come se niente ci legasse ad essi. Ora, seguendo le tradizioni mistiche, è possibile ipotizzare che chi si trovi nel pieno della coscienza, ovvero unito con lo spirito, possa trattare se stesso come un altro pur rimanendo uno, cioè possa distaccarsi da sé e amarsi come persona. In questa prospettiva è possibile leggere gli atti di Connie non come un atto di egoismo e un atto di altruismo in contraddizione tra loro, ma come un unico atto altruista, una redenzione di tutti, compresa la propria persona, il frutto di un amore totale e incondizionato verso tutto e tutti, compresa la propria persona. È possibile, allora, che sulla via mistica le due spiegazioni di Manuel siano vere entrambe?
Resa di un recensore di Candida (parte seconda)
Come ho scritto nella prima parte, Il bisogno dei segreti ha la fisionomia di un campo di indagine morale, e questo soprattutto per il finale, che è un finale che cambia il senso di tutto ciò che è stato raccontato prima; ho scritto che in questo post parlerò del finale, e poi che ne terrò conto nei prossimi post, ma ho anche scritto, «lettore, che il romanzo è talmente intrigante che forse, anche se leggerai i prossimi post, quando aprirai il libro, te lo godrai ugualmente; forse, addirittura, quando aprirai il libro e comincerai a leggere, dimenticherai ciò che sto per dirti».
Nel finale del Bisogno dei segreti, Manuel, l’ex della protagonista Connie, è certo che Connie abbia avuto delle buone ragioni per mettere in atto il suo piano contro le persone che la circondavano, e propone un’interpretazione dell’agire di Connie, un’interpretazione che Connie accoglie. Ora, questa interpretazione si compone di due parti, che sono in effetti due spiegazioni – e Connie le conferma entrambe – ed è di questo dualismo che vorrei parlare, perché mi sembra che in questo dualismo ci sia uno dei segreti del Bisogno dei segreti.
Dimanche
Il demonio ingannerà alcuni nel modo seguente. In maniera del tutto straordinaria infiammerà i loro cervelli di passione per l’obbedienza alla legge di Dio e per la distruzione del peccato negli altri.