Facciamo passare qualche giorno, aspettiamo che tutti si persuadano che l’emergenza è passata, che si è trattato di un paio di bravate e niente più. Poi, un giorno che la scuola è aperta anche al pomeriggio, appena l’ultima campanella suona e gli studenti escono, raggiungiamo la palestra interna, squarciamo con un coltello da cucina il rivestimento in similpelle del materasso che attutisce le cadute del salto in alto, estraiamo la gommapiuma compressa e la sparpagliamo in giro. Prima di darle fuoco, Volo scrive sul muro con un pennarello nero la data e l’ora, perché non ci siano equivoci, e poi il nostro messaggio:
BEATO CHI CI CREDE, NOI NO NON CI CREDIAMO
E più sotto, a mo’ di firma: NOI.
L’idea di usare un verso della sigla di Di nuovo tante scuse è stata del compagno Raggio. È la prosecuzione della logica dell’alfamuto, ovvero una rivisitazione in chiave politica della stupidità italiana, in questo caso le parole di una canzonetta. Ci piace pensare che chi leggerà non potrà non sentirsi dentro le voci di Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. È una beffa, una cosa indecente. NOI, invece, è il nome della nostra microcellula virale. Coordinarci durante queste prime azioni di lotta – uno sulla soglia della porta a fare il palo comunicando tramite l’alfamuto un eventuale pericolo, la risposta silenziosa del compagno – ci ha insegnato che noi è la parola in cui coesistono la distruzione del soggetto individuale e l’orgoglio di essere compagni: per me che dico sempre io, che vivo chiuso nel raglio asinino, pensare noi è sbalorditivo. NOI è anche l’acronimo di Nucleo Osceno Italiano: nucleo identifica la solidità; osceno è l’unico tempo che abbia senso vivere; italiano è ciò che ci indigna e ciò in cui siamo immersi.
Giorgio Vasta, Il tempo materiale