Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014:
qui la prima parte.
L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica
La dimensione storico-politica e la dimensione psico-mitica. Vi sono due distinte dimensioni simboliche in azione nel filone dell’animazione robotica degli anni Settanta, e si riverberano l’una sull’altra: una dimensione simbolica sociale, collettiva, storica e politica legata all’immaginario e al significato della Seconda guerra mondiale; e una dimensione simbolica che riguarda la vita mentale, affettiva, personale dell’eroe, il suo conflitto interiore e quello che ho chiamato l’universo psico-mitico o psico-teologico.
La dimensione politica. Prenderò in considerazione prima la dimensione storico-politica: è quella più difficile da snodare, ma cercherò di essere breve perché è anche il piano su cui si è scritto di più, mi pare, e rimando ai lavori di Fabio Bartoli e Marco Pellitteri – ai quali questa serie di post deve moltissimo e sotto molti aspetti; ho altresì un grande debito nei confronti di Marcello Ghilardi, di Gianluca Di Fratta, e della redazione di Anime Asteroid.
In breve ricordiamo che l’animazione robotica degli anni Settanta è un prodotto del Novecento, del metallo pesante delle ideologie, che risente del fallimento del militarismo giapponese, della disillusione che ne seguì, del trauma della bomba atomica, della miseria e della disperazione del secondo dopoguerra, della rivalsa tecnologica giapponese. Su questo piano, il nemico come comunità o cultura che aggredisce la nostra comunità o cultura sembra assemblare tratti degli ex-alleati condannati dalla storia, cioè i nazi-fascisti, degli ex-nemici devastanti e ora nuovi alleati, cioè gli Stati Uniti, che rappresentano la modernità e la tecnologia cui ci si deve adeguare, e della vecchia generazione giapponese, nazionalista e militarista. Notate che in tutti e tre questi casi, l’avversario ha strettamente a che fare con me, e ha un rapporto psicologicamente ambivalente con me: i nazi-fascisti sono il male, ma sono stati gli alleati; gli Stati Uniti hanno sganciato la bomba ma sono i nuovi alleati; la vecchia generazione giapponese ha creduto in ciò che era sbagliato, ma è stata umiliata, e qui c’è un non sempre chiarissimo misto di condanna e rivincita.
La questione dell’impero. Un nodo piuttosto ambiguo è quello dell’impero del Sol Levante che compare in diverse serie in modo non troppo mascherato da una sua strana proiezione occidentalizzata. Il sole è simbolo del pianeta di provenienza di Takeshi di Diapolon, che riceve la sua vocazione dal dio Apolon, cioè Apollo, che lo punge nel petto con la spada di luce lasciandogli il marchio del sole.
In Daltanious, lo stile araldico europeo e il termine greco non devono trarre in inganno: l’impero di Helios è l’impero del sole. L’ambiguità si gioca anche sul fatto che al simbolismo solare si sovrappone la tematica ambientale dell’energia pulita in contrapposizione alla tossicità nucleare, anch’essa presente in Diapolon come malattia che rende il nemico deforme e aggressivo; il trucco più o meno conscio è che questa positività energetica del sole si ripercuote sull’immagine dell’impero. Tuttavia non tutti cascano nell’automatismo mentale: in Daltanious l’impero sarà dismesso; e in Daitarn 3, il sempre ferocissimo Yoshiyuki Tomino non si lascerà scappare l’occasione di sbeffeggiare il simbolismo solare.
I tre nemici. In ogni caso, sul piano storico-politico, il nemico è rappresentato sulla scala estetica e spesso ideologica del fascismo – come in Kyashan e in Zambot 3, ma anche generalmente nei nomi dei gerarchi avversari: Blocken, Doppler, Kloppen, Gattler; nelle origini di avversari terrestri come il Doctor Hell; nei tripudi di saluti assurdi e braccia tese.
Uno dei cattivi più cattivi di sempre, Bryking di Kyashan, fratello di circuiti del protagonista e antenato di Raoul, ha il volto più mussoliniano mai apparso in un anime.
Ma, come si diceva, attenzione: siamo negli anni ’70 del Novecento, la guerra non è poi così distante, e in guerra il Giappone è stato alleato di Italia e Germania, il fascismo si colloca in un’area ideologica contigua a quella in cui si è collocato il nazionalismo militarista giapponese, e quando i Giapponesi rappresentano il nemico come un fascista sono tutt’altro che esenti da un coinvolgimento: l’altro è me, è stato me, cioè io sono stato l’altro, perché i miei vecchi – la vecchia generazione giapponese – sono stati l’altro, e quindi in qualche modo anche io, ma insieme no – tema dell’orfano – anzi io sono stato coinvolto nella punizione che ho ricevuto in modo forse motivato come membro di una comunità, ma in modo ingiusto come individuo ideologicamente innocente; punizione pesantissima dispensata da un popolo, gli statunitensi, con cui oggi devo scendere a patti e che in qualche modo trovo anche affascinante per la sua modernità; e comunque non voglio ridurre la tradizione samurai alla sua umiliante declinazione fascistoide – tema della rivincita.
Si vede come le tre istanze – ex alleato ora nuovo nemico, generazione dei padri colpevoli, ex nemico e ora nuovo alleato – rimandano l’una all’altra e ognuna reca una sua ambivalenza. Gli elementi sono mischiati nelle figure della spietatezza, dell’implacabilità: in Zambot 3, le bombe umane saranno la furiosa sintesi di Tomino tra metodi nazisti, bomba atomica, e una perversione grottesca dell’etica del kamikaze, rivisitata non come scelta ma come punizione sadica.
A noi spesso sfugge la portata dell’elaborazione collettiva di cui l’animazione giapponese si è fatta carico in quegli anni, ma vi assicuro che chi va a rimestarla con l’intento di decodificarla e passa un po’ di tempo fra orfani, macerie, fame, radiazioni, alieni fascisti, esplosioni a fungo, si ritrova sommerso e impregnato da una tristezza infinita e definitiva.
Nel prossimo post vedremo come la dimensione storico-politica abbia già da subito, in Nagai, una sua gemella ombra, una regione oscura in cui la relazione con l’avversario è promiscuità carnale, ibridazione, contagio; la dimensione storico-politica dunque tende a condurre altrove, sarà il veicolo di un sempre possibile e sempre più intenso spostamento nella dimensione psico-mitica, la quale a sua volta si riverbererà sul piano politico arricchendolo, raffinandolo e approfondendolo.