Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l’ottava, la nona, la decima, l’undicesima, la dodicesima, la tredicesima, la quattordicesima, la quindicesima, la sedicesima e la diciassettesima)
L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica
Il doppio del padre. Kento scopre che il suo nemico Kloppen è il doppio di suo padre Harlin. Il doppio si auotoproclama vero e gli dà del figlio del falso: il padre biologico di Kento, l’uomo che incarna la legge dell’impero e che è scomparso, sarebbe una copia dell’uomo con il quale Kento è in conflitto aperto, l’uomo della distruzione. Ma Harlin è paradossalmente più estraneo a Kento di quanto non lo sia Kloppen: non solo perché l’ordine imperiale è completamente ignorato da Kento, ma soprattutto perché Kento non ha praticamente mai conosciuto Harlin, mentre è certamente in più stretto rapporto – sebbene conflittuale – con Kloppen, il quale, se anche è il doppio di Harlin, è però l’altro di Kento, il suo avversario, colui con il quale Kento si confronta raffinando la definizione di sé.
Rovesciamenti nell’abisso. Nel frattempo Harlin ricompare: era stato ridotto in schiavitù e deportato su Nereide, satellite di Nettuno, ed è riuscito a fuggire; presentandosi, Harlin scatena appunto la corsa ai ripari di Kloppen, cioè il suo dichiararsi legittimo erede di Helios, e si vede così destituito della sua aura trascendente, ridotto da angelo dell’impero a umanoide artificiale. È significativamente in questa fase che lo vede spogliato del suo titolo (schiavo fuggito) e della sua naturale umanità (biodroide) che Harlin compie gesti eroici: mette in salvo un suo giovane aiutante rischiando la propria vita, e poi la offre in cambio di quella dei familiari di alcuni disertori dell’esercito Akron, scampandola comunque in entrambi i casi. Nel frattempo per Ormen, il capo supremo degli Akron, uccidere il ricomparso Harlin diventa la priorità; Kloppen non riesce a capire il motivo: sono io il principe, dice, Harlin è un biodroide senza alcuna autorità, non è pericoloso, non riuscirà a radunare nessuno attorno a lui, se è vivo o morto non cambia nulla. Ma Ormen non transige, e ha un ottimo motivo: si scoprirà che è Kloppen a essere il biodroide di Harlin e a essere sempre stato manovrato da Ormen.
Con questa ulteriore rivelazione, che investe tutti, da Kloppen a Kento e i suoi, Kloppen va in crisi. Ma poi ha l’intuizione di soffermarsi su Kento: perché Kento non ha mai fatto una piega né quando rischiava di essere un biodroide né quando ha scoperto di non esserlo? Allora, considera Kloppen, Kento si sente comunque un essere umano, non un biodroide. L’importante dunque è continuare a sentirsi uomini dentro. Ecco cosa gli dava la forza di combattere ancora quando ha saputo di essere un biodroide. Ha continuato a credere in sé stesso e ora ha dato a me la forza di fare altrettanto. Insomma Kloppen trae esempio dalla capacità di autodefinirsi di Kento e, destituito di tutto, consapevole di essere sempre stato disprezzato e usato dal suo capo e padre spirituale, diviene se stesso, prende in mano il proprio destino: si ribella a Ormen e si unisce alla resistenza terrestre. Kento e i suoi accettano la collaborazione di Kloppen, secondo lo spirito di inclusione sempre vivo nel mecha declinato nella dialettica di scambio di affetti e senso di giustizia: se sei un giusto puoi entrare ed essere amato, e combatteremo anche per la tua libertà; la rabbia che legava Kento e Kloppen si rovescia in positivo attraverso la chiave dell’empatia e la comprensione, e diviene un rapporto di reciproco affetto e rispetto.
È a questo punto che Harlin, di nuovo – e ormai saldamente – incollato alla propria identità imperiale, finisce in coma cadendo in un tranello per la sua vanità – questo è rimarcato esplicitamente, da Kento: Quante arie si dà mio padre. Il tono è bonario, ma la frase sveglia lo spettatore dalla trance: all’improvviso ci si rende conto che Harlin è un narcisista, fissato con il proprio ruolo e con la restaurazione dell’impero, uno che era scomparso abbandonando moglie e figlio piccolo per viaggiare alla ricerca delle proprie origini, ossessionato dagli strani e incredibili ricordi della sua infanzia, uno che ha compiuto gesti di eroismo solo nei momenti in cui era privato delle sue definizioni esterne – quando era schiavo fuggito, quando era biodroide – e che da quando è ricomparso, in uno scenario di resistenza già vivo, non fa altro che parlare della restaurazione dell’impero e non muove un dito; dice: facciamo, andiamo, vinceremo… tanto in battaglia a rischiare la pelle ci vanno Kento, Beralios e Danij, che è un comune orfano terrestre e che Harlin a stento considera.
Il padre doppio. Il finale di serie si avvicina: Daltanious e la base di Earl, con dentro sia Harlin in coma sia Kloppen gravemente ferito da uno scontro con gli Akron, muovono verso Zaar, capitale degli Akron e sede di Ormen. Durante il viaggio Harlin riesce a salvarsi grazie all’offerta del morente Kloppen, che si fa espiantare il cuore. E qui succede una cosa stranissima: ascoltiamo Kento dichiarare ai generali fedeli a Harlin che Harlin, benché ancora convalescente, dovrà essere con loro su Zaar quando batteranno Ormen, perché deve proclamare l’impero; e poi, non appena finisce di parlare, fra sé e sé si rivolge al defunto Kloppen: La vendetta si avvicina, Kloppen, Ormen ha le ore contate. Vale a dire che l’interlocutore interiore di Kento è Kloppen, tanto che Kento può relegare Harlin all’esterno, nominandolo in una frase sull’impero pronunciata per pura formalità, visto qual è il suo interesse per la questione.
Tutto ciò è l’esito naturale della storia: Harlin non si è mai occupato di Kento, è calato dall’alto cercando di assimilare Kento a un ordine che al ragazzo è completamente estraneo, senza porsi alcun problema a riguardo e dando per scontata la sua adesione; al contrario Kloppen è l’adulto contro cui Kento si è rivoltato e si è affermato come soggetto; ed è colui che lo stesso Kento ha aiutato poi a divenire soggetto, non solo perché Kloppen lo ha preso a modello, ma anche perché – è lo stesso Kento a dirlo – Kento ha sempre trattato Kloppen come un essere umano, considerandolo l’unico responsabile delle sue azioni.
Su Zaar. La rivelazione ultima dell’abisso, che tutti ricevono direttamente da Ormen, è che Ormen è il biodroide dell’imperatore Nishimura, il padre di Harlin (ma Nishimura è solo il nonno biologico di Kento, che invece è stato allevato sulla Terra dal suo nonno adottivo, che lo ha introdotto alle narrazioni eroiche giapponesi). La pratica della manipolazione dei biodroidi è antica quanto l’impero, Ormen riuscì a fuggire e diede inizio alla sua vendetta.
Ormen sale a bordo di un guerriero meccanico e affronta il Daltanious, lo affronta armato – specularmente – di una spada fiammeggiante, ma il nume solare interviene praticamente incarnandosi nello stesso Daltanious, Ormen è battuto e muore, ma non prima di gridare: Finché esisterà un biodroide, finché quelli come voi vorranno che un biodroide esista, il nostro odio non cesserà di perseguitarvi. Voi credete di fabbricare strumenti di potere, ma i biodroidi hanno un’anima. E sarà la suggestione del momento, ma nei secondi che seguono si può quasi leggere lo sgomento sui volti di Kento e Danji, malgrado i loro «Finalmente è finita»; una tonalità emotiva che rimane nell’aria fino a quando, nella scena seguente, Harlin dice a Kento e a Earl di accorgersi solo ora – ora che, va notato, ha il cuore di Kloppen in corpo – di non aver mai davvero desiderato la restaurazione dell’impero; e aggiunge di non avere nessun diritto divino, e di avere intenzione di proclamare una repubblica intergalattica.
L’abisso di Daltanious merita un ulteriore approfondimento, cui sarà dedicato il prossimo post, che, se questa volta i miei calcoli sono giusti, sarà davvero l’ultimo.