Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l’ottava, la nona, la decima, l’undicesima, la dodicesima, la tredicesima, la quattordicesima, la quindicesima e la sedicesima)
L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica
Daltanious. Dopo che Tomino ha smontato il super robot pezzo per pezzo, Nagahama e Yatsude, nel 1979, al super robot erigono un monumento.
Il protagonista di Daltanious, Kento Tate, è membro di una gang di orfani di strada che sopravvivono di furti ed espedienti in uno scenario di rovine, a occupazione aliena in corso. Kento e i suoi amici, tra i quali Danji Hiiragi (Dani Hibari, nell’edizione italiana) che diventerà il secondo pilota, scoprono il nascondiglio del Dottor Earl, scienziato di corte del pianeta Helios, fuggito sulla Terra molti anni prima quando Helios venne occupato dagli Akron di Zaar, guidati da tale Ormen, un tizio piuttosto tombale, sorte che ora sta toccando alla Terra.
Earl fuggì assieme al piccolo principe Harlin, figlio dell’imperatore di Helios, di cui però una volta sulla Terra perse le tracce. Il dottor Earl sostiene che Kento sia il figlio di Harlin, ovvero l’erede al trono di Helios, e lo munisce del super robot Daltanious per combattere le armate del luogotenente di Ormen, il generale Kloppen.
Daltanious è un robot composto da tre moduli indipendenti: il robot Antares pilotato da Kento, il leone robot Beralios, dotato di una propria autonomia, che va a formare il tronco di Daltanious, e la navetta Gumper, pilotata da Danji, che va a formare le gambe di Daltanious; una variazione, dunque, rispetto al modello Getter/Zambot, non solo per l’introduzione di un automa animale, ma anche per lo spostamento del secondo pilota al terzo modulo; sul fatto che Danji sia un secondo pilota non c’è alcun dubbio: non solo perché è il secondo umano dentro Daltanious dopo Kento, ma soprattutto perché ne incarna le caratteristiche in modo paradigmatico, ed è il suo stesso personaggio che contribuisce a fare del secondo pilota più un tipo che l’occupatore di una posizione.
L’identità me la gestisco io. Questo è il concetto che sta alla base di tutta la storia: Kento si sente un terrestre e non è minimamente interessato all’impero, dell’impero dice esplicitamente che è roba da fanatici: accetta di combattere sul Daltanious esclusivamente in nome della resistenza all’invasione.
Ma la questione dell’impero comincia a essere sollevata, a tre quarti della serie, in modo da non poter più essere considerata secondaria: nel trentatreesimo episodio, davanti ai generali rimasti fedeli a Helios, che si recano sulla Terra a manifestare la propria fedeltà a Kento – e Kento esprime la sua considerazion per l’etichetta imperiale presentandosi in mutande – il terribile luogotenente degli Akron, Kloppen, si fa vivo sulla Terra e per la prima volta si toglie la maschera: è uguale a Harlin, il padre di Kento; Kloppen sostiene di essere il vero principe di Helios: Harlin – che è comparso solo due episodi prima, per poi essere subito dato per disperso, vale a dire morto – sarebbe nient’altro che un biodroide, cioè un clone creato per prelevare organi o sostituire il sovrano in caso di necessità.
Due temi cruciali. Uno è il palese tema bioetico; l’altro è quello del relativismo che porrà non pochi grattacapi a Earl: il bene è ciò che un sovrano decide che è bene, oppure un sovrano si guadagna il suo diritto a essere sovrano perseguendo il bene? Il problema del dottor Earl è che gli altri credano alla versione di Kloppen, ed è il suo stesso dubbio che sia vera: Earl ha bisogno di unire la regalità, cioè il riconoscimento sociale, al valore: proprio non può credere che Kento non sia l’erede. Kalinga, valoroso alleato extraterrestre di Kento, giunto sulla Terra insieme agli altri generali fedeli a Helios, non ha dubbi: Kloppen si è venduto agli Akron, che sia principe di Helios o no non conta niente; la Terra e Kento si stanno distinguendo nella resistenza, questo è ciò che conta.
Il terzo tema: essere niente. Ma questi due temi ne affiancano un terzo: in questo momento Kento è il figlio di un biodroide, per giunta scomparso, ed è considerato egli stesso un biodroide: perde l’appoggio dei generali (tranne Kalinga), vede Earl andare in crisi, e persino un suo caro amico terrestre rimane un po’ basito. Se prima Kento si era rifiutato di lasciarsi significare dalla sua appartenenza regale, ora è addirittura degradato socialmente a sottoumano, è sotto lo zero, è il residuo dell’attività sessuale di un biodroide; ed è interessante che questa spoliazione degli attributi del soggetto – principe, umano – avvenga proprio nell’episodio in cui Kento si presenta in mutande ai generali di Helios. Da questo episodio prende il via l’ultimo quarto della serie, la fase finale nella quale Kento fa davvero i conti con l’abisso nel gioco di specchi che coinvolge Harlin e Kloppen e dunque la definizione della sua relazione con il padre, qualsiasi cosa sia un padre, come vedremo.
L’impero e il samurai. Ma diversamente da Earl, che, ritrovatosi all’improvviso dalla parte opposta rispetto all’impero del sole, perde l’orizzonte significante di tutte le sue azioni, Kento tratta la questione della definizione che l’esterno dà di lui come se non fosse affar suo, perché sa che non è in gioco la sua identità per come lui la concepisce: Kento si definisce nella sua rete di affetti e nella resistenza, cioè in sentimenti e motivi per l’azione, non nella fedeltà a una convenzione e alla morale che, scaturendone, non potrebbe che essere relativa, arbitraria. Considerato che Daltanious è incarnazione pressoché perfetta del super robot di seconda generazione – cavaliere, samurai, nobile servitore – e che nasce nella tecnologia di Helios, sul piano della dimensione storico-politica si può evincere la volontà di salvare il codice del samurai dalla disfatta imperiale, separando nettamente le insegne imperiali dai motivi che muovono l’eroe all’azione morale, radicando questi ultimi esclusivamente nella sua soggettività.
Kento contro tutto. Ma la dimensione storico-politica non si esaurisce nel rapporto – o nell’assenza di rapporto – tra il samurai e il potere: a livello dei riferimenti più diretti, anche in Daltanious come in tutta la tradizione post-mazinghiana i caratteri del male e del bene vengono ricondotti a caratteri nazionali solo per scombinarne i confini: l’impero del sole praticava lo sfruttamento dei biodroidi; Kloppen ha un nome tedesco (e forse è anche l’imperatore del sole); gli Akron sono una forza occupante come gli americani del periodo immediatamente post-bellico; e Kento si dichiara estraneo all’impero pur essendone il probabile erede, si autodefinisce anche mediante il conflitto con Kloppen e rivendica la sua indocilità rispetto all’occupazione.
«Io sono Kento e questo mi basta». A questo punto, rispetto alla rivelazione di Kloppen, gli eroi sviluppano due strategie psicologiche difensive: una verte sull’inaffidabilità di Kloppen e delle sue dichiarazioni; l’altra sull’irrilevanza delle sue dichiarazioni. Earl sostiene la prima, quando riesce a convincersene; Kento le sostiene entrambe con netta preponderanza della seconda: non misconosce l’esistenza dell’ordine di riferimento di Earl, lo si capisce quando dice chiaramente a Kloppen che se questi fosse il legittimo erede imperiale non si sarebbe mai venduto agli Akron; solo che di quest’ordine a lui non importa, non è affar suo. Perché però questa duplicità di ordini morali in Kento, per quanto appena accennata? Perché Kento non si affida esclusivamente all’irrilevanza della questione legittimo erede/biodroide? Perché se Kento seguisse solo la linea dell’irrilevanza mostrerebbe solo che per lui non è un problema essere un biodroide e non essere il principe, ma qui c’è di più, e il protagonista ne esce in modo potentissimo: accettando l’inaffidabilità della rivelazione di Kloppen assieme alla sua irrilevanza, Kento mostra di non essere nemmeno interessato a sapere se è figlio di un biodroide o no.
Dunque per Kento non è l’inaffidabilità di Kloppen a produrre l’irrilevanza della sua dichiarazione, bensì il contrario: l’ordine morale di Kento, ovvero ciò che rende irrilevante la dichiarazione di Kloppen, ne sancisce anche l’inaffidabilità, per il semplice fatto che, rispetto a quell’ordine, una persona come Kloppen è inaffidabile; ciò che davvero conta, per dirla con Kento, è che Kloppen è una belva, non me ne importa niente se è il principe di Helios: è un assassino.
La ridefinizione di Earl. Al picco della crisi conseguente alla dichiarazione di Kloppen, Earl si eclissa nella sua stanza. Sanae, saggia amica di Kento, porta Earl all’ospedale dove trovano rifugio alcuni bimbi vittime della guerra che Sanae, Kento e la gang di orfani vanno a trovare nei momenti liberi. Quando Earl compare i bimbi lo acclamano: lo adorano, lo chiamano il dottore dello spazio, gli regalano un modellino fai-da-te di Daltanious. Perché Sanae si comporta così? Non potrebbe limitarsi a mostrare a Earl le conseguenze dell’invasione Akron, invece che farlo interagire con i bambini? No: finché Earl fosse solo colpito dalla sofferenza, rimarrebbe in un universo simbolico, astratto, ideologico nel senso deteriore del termine: Earl deve scambiare affetto con le persone che difende, perché l’idea di fondo di Daltanious è che è la rete di affetti in dialettica con il senso di giustizia a determinare il soggetto. Ed è così che infatti Earl si sveglia davvero e conosce per la prima volta quel contatto con le persone che la gang di orfani non ha mai abbandonato e che muove Kento alla resistenza agli Akron.
La spinta di Kento. Diversamente da Earl, il soggetto Kento è privo di qualsiasi sovrastruttura e si esaurisce nel moto che scaturisce dalla relazione reciproca di dimensione affettiva e senso di giustizia che, come vedremo nel prossimo post, si alimentano a vicenda: la difesa degli affetti è il motivo dell’azione per la giustizia, e chi si volge alla giustizia entra nella rete di affetti di Kento, come accadrà allo stesso Kloppen. La relazione tra affetti e giustizia viene ribadita e acquista propulsione ogni volta che perde la vita qualcuno con cui Kento è entrato in empatia: puntualmente sentiamo Kento dichiarare che combatterà anche per questa persona, e questo è un motivo tipico dell’anime mecha, ma in Daltanious è particolarmente reiterato e soprattutto particolarmente potente perché le persone per cui Kento combatte, a differenza di quanto avviene in altri anime “un episodio un mostro”, rimangono in vita abbastanza da mostrare personalità e farsi voler bene dallo spettatore, coinvolgendolo emotivamente nel clima di affetto e sete di giustizia.
Nel prossimo post torneremo su Daltanious, sul gioco di specchi e sulla dimensione psichica dell’abisso paterno.