Pubblico, in una serie di post, l’intervento al Pesaro Comics & Games 2014.
(La prima parte, la seconda, la terza, la quarta, la quinta, la sesta, la settima, l’ottava e la nona)
L’altro me – l’avversario nell’animazione robotica classica
In questo post tenterò l’esplorazione di quella che nel precedente ho definito la dimensione psico-filosofica di Zambot 3.
Fughe. Le mosse dialogiche di Butcher e CBN8 sono fughe, vale a dire che Butcher e CBN8 non si assumono la responsabilità del loro operato.
(1) Butcher: Chi ve lo ha chiesto? Ti ringrazieranno? I Gaizok si appellano a una ragione di scambio, non contemplano l’atto gratuito.
(2) Butcher: La Terra si autodistruggerà. Mossa deterministica: tanto è così che deve andare.
(3) CBN8: Io sono il computer programmato per mantenere lo stato etico cosmico. Morale dell’obbedienza: io eseguivo l’ordine. Oppure di nuovo mossa deterministica: sono stato programmato per.
(4) CBN8: Chi ve lo ha chiesto? Ti ringrazieranno? Avete difeso la Terra solo per voi stessi? No? Ma allora ti ringrazieranno? Ne valeva la pena? Ritorno alla prima fuga.
Ne consegue una circolarità di quello che da qui in poi chiamerò “il discorso Gaizok”.
Nessun soggetto dietro. Quelli che chiamavamo Gaizok non sono i Gaizok. Dei Gaizok sappiamo solo ciò che ha detto nonno Jin nella prima parte della serie: che amano giocare con la vita degli altri popoli come riportato dagli antichi documenti, e che quando Biar fu distrutto dai Gaizok – presumibilmente da CBN8 – era un pianeta dalla civiltà avanzatissima che aveva dimenticato la guerra. Queste informazioni smentirebbero quanto affermato da CBN8.
Ma non si tratta solo della contraddizione, qui c’è dell’estraniante: i Gaizok hanno costruito CBN8 chissà quanto tempo fa; se ne stanno sul loro pianeta lontanissimo; forse nemmeno sanno che esiste la Terra; forse nemmeno esistono più, i Gaizok.
Nessun soggetto dentro. Nel discorso di Butcher e CBN8 non c’è soggettività: non c’è iniziativa personale, non c’è assunzione di responsabilità, e tanto meno è contemplato il gesto di benevolenza gratuita; Butcher e CBN8 contemplano solo reazioni a ordini, programmi, richieste, proposte di scambio provenienti dall’esterno, al massimo ricerca di gratificazioni.
Sul nulla. Presi insieme i discorsi di Butcher e CBN8 sono un discorso circolare, sordo, incapace di uscire da se stesso: il loro ordine morale si tiene in piedi da solo, sul nulla.
Contraddizioni. Butcher e CBN8 sono creature artificiali. E almeno in questo caso, questa scelta narrativa davvero non mira a commuovere lo spettatore sul triste destino degli automi capaci di sentimenti. Piuttosto funziona come vettore di effetti diversi che Tomino fa genialmente cortocircuitare fra loro, incastrando una contraddizione insopportabile dentro l’altra.
La prima. Innanzitutto mira a trasmettere l’ottusità, l’assenza di elasticità, la pretesa di definire il tutto senz’appello, l’implacabilità, il determinismo azione-reazione dello scambio applicato a ogni forma del reale, insomma la più assoluta stolidità morale, che anche qui, come nei discorsi di Butcher e CBN8, si esprime in una circolarità, e ancora più cieca: la pretesa superiorità morale dei Gaizok giustifica lo sterminio, e CBN8 non è minimamente sfiorato dal percezione della gigantesca contraddizione che ha davanti al suo unico, gigantesco occhio.
La seconda. E c’è la sensazione asfissiante di trovarsi con lo sguardo incollato sia a questa stolida cecità, al vuoto delle motivazioni circolari, all’assurda fragilità, quasi una casualità, della catena delle cause, alla natura artificiale e ostentatamente friabile del punitore da un lato, sia all’effetto implacabile di quelle motivazioni e di quelle cause e alla efficacissima capacità di punizione del punitore dall’altro, senza riuscire a tenerli insieme, senza venire a capo di questa contraddizione, ma sentendosi in ogni caso schiacciati dall’impotenza di appellarsi a una qualsiasi forma di fattore umano.
La terza. E quindi, al fondo, da un lato, la precedente contraddizione, presa con tutti i suoi termini in quell’impossibilità di rinvenire l’umanità cui appellarsi di fronte a ciò che è solo meccanismo, bambola, giocattolo a molla, il determinismo che esclude qualsiasi forma di deviazione dal binario, di carità, di benevolenza, perché la giustizia è la giustizia, astratta, impersonale; dall’altro lato la vocazione ciarliera e moralista di CBN8 e il non richiesto godimento sadico di Butcher, ostentati, superflui, arbitrari: dei plus che non possono non implicare delle soggettività, e dunque responsabilità, e soprattutto possibilità di comprendere ed essere compresi.
La prima. Però peggiore. E invece no. Quella ferocia – le bombe umane – che appare inevitabilmente gratuita malgrado le considerazioni di Butcher sulla sua economicità, quella ferocia così inspiegabile perché così estranea all’immagine saldamente indifferente e determinista che abbiamo della macchina, persino di quella adibita allo sterminio, quella ferocia non ci sarà spiegata dalla macchina: ci ritroveremo ancora beffati dal trucco ontologico del rinvio delle responsabilità, dalla stolidità che parla ma non spiega, che elude, che fornisce motivazioni prive di una qualsiasi soggettività e intanto compie il male per il male.
E forse ci ricorderemo che l’umanoide artificiale è sempre un’immagine perturbante dell’essere umano perché è un’immagine di ciò che vi è di perturbante nell’essere umano.
Nel prossimo post esploreremo la forma assunta in Zambot dalle tematiche nagaiane del problema della tecnica e del ritorno del passato.