Olanna osservava Odenigbo cantare convinto e provò a imitarlo, ma le parole le si irrancidivano in bocca. Il ginocchio le faceva molto male; prese Baby per mano e rientrò in casa.
Stava facendo il bagno alla piccola quando la sirena dell’allarme partì un’altra volta costringendola a prendere su Baby nuda e a scappare. Per poco la bambina non le scivolò a terra. Il rombo spasmodico degli aerei e il ka-ka-ka secco del fuoco antiaereo arrivavano da sopra e da sotto e dai lati facendole battere i denti. Si buttò nel bunker senza far caso ai grilli.
– Dov’è Odenigbo? – domandò dopo un poco, afferrando Ugwu per un braccio. – Il tuo padrone, dov’è?
– È qui, signora, – rispose Ugwu, guardandosi intorno.
– Odenigbo! – chiamò Olanna. Ma non ottenne risposta. Non ricordava di averlo visto entrare nel bunker. Doveva essere ancora lassù. L’esplosione successiva le mandò in pezzi l’interno dell’orecchio; era sicura che se avesse scosso la testa di lato avrebbe visto cadere brandelli di cartilagine. Si avviò verso l’ingresso del bunker. Alle sue spalle udì Ugwu ripetere: – Signora? Signora? – Una donna che abitava in fondo alla via le disse: – Torni indietro. Dove pensa di andare? Ebe ka I na-efe? – ma lei ignorò entrambi e sgattaiolò fuori del bunker.
Il bagliore del sole era accecante; la fece quasi svenire. Si mise a correre, con il cuore impazzito nel petto, gridando «Odenigbo! Odenigbo!» finché lo vide chino su un corpo disteso a terra. Olanna fissò il suo petto nudo e peloso, la barba lunga e le ciabatte sfondate e all’improvviso la precarietà della sua, della loro esistenza la colpì come una stretta violenta alla gola, come una fitta di terrore. Lo strinse forte. In fondo alla strada andava a fuoco una casa.
– Nkem, tutto bene, – disse Odenigbo. – Un proiettile l’ha colpito, ma la ferita sembra superficiale -. La scansò di lato e riprese a legare la camicia intorno al braccio dell’uomo.
5. Il libro: Il mondo taceva mentre noi morivamo
Scrive della fame. La fame come arma di guerra nigeriana. La fame che distrusse il Biafra, che lo rese celebre e che lo fece durare quanto durò. La fame che risvegliò l’attenzione di alcune persone nel mondo e scatenò qualche isolata protesta a Londra, Mosca, in Cecoslovacchia. La fame che convinse Zambia e Tanzania, Costa d’Avorio e Gabon a riconoscere lo stato del Biafra, che introdusse l’istanza dell’Africa nella campagna presidenziale di Nixon e permise a genitori di tutto il pianeta di ordinare ai propri figli di finire quel che avevano nel piatto. La fame che indusse organizzazioni umanitarie a inviare clandestinamente carichi aerei notturni di generi alimentari dal momento che non si trovava un accordo sulle strade da percorrere. La fame che diede una bella spinta alla carriera di molti fotografi. La fame infine che portò la Croce Rossa Internazionale a definire il Biafra la piu grave emergenza umanitaria dai tempi del secondo conflitto mondiale.
Chimamanda Ngozi Adichie, Metà di un sole giallo