«44. La tattica che l’Osceno persegue è lungimirante e, al tempo stesso, delirante. Inutile volerle opporre i solidi argomenti di una ragione o quelli dell’interesse comune. Credere di poterla criticare in nome della coerenza e della ragionevolezza, significa dimenticare come il potere ubuesco si fondi proprio sulla sua incoerenza ossia sulla possibilità di cancellare ogni contraddizione tra una versione dei fatti e quella successiva, tra un’opinione e l’altra, come tra due immagini tra loro contrastanti. Ma è anche vero che, nel momento in cui ha potuto deridere ogni interlocutore che provasse ad argomentare razionalmente le sue affermazioni, il potere ubuesco ha cancellato di fatto la possibilità stessa di una dimensione pubblica. A tal scopo ha addestrato un piccolo esercito di professionisti della menzogna, abituati a interrompere sistematicamente ogni ragionamento, facendo passare gli altri per pesanti e indigeribili intellettuali e se stessi per brillanti conversatori, quando invece sono solo squadristi mediatici.
51. Circondate da parole che avanzano impunite, restando in circolazione e finendo per diventare le parole d’ordine a cui un immaginario collettivo risponde, le altre parole sembrano condannate al silenzio, a un ritardo incolmabile. Arricchite da questa menzogna collettiva, le parole finiscono per smarrire l’umanità stessa della lingua. Come Pierre Fedida ha lucidamente argomentato, quando il fine non è semplicemente quello di vincere o di deportare i nemici, ma di attaccare l’umano, è la lingua che viene aggredita e, in generale, tutto ciò che permette agli umani di comunicare tra loro, di tessere i fili dei loro legami. In Italia questo significa concretamente che alla moltiplicazione inaudita delle immagini si è accompagnato un silenzio assordante, una mancanza di parole che siano capaci di dirci cosa effettivamente succeda oggi in questo paese.
53. Ciò di cui abbiamo fatto esperienza in questi anni, per lo più senza avere le parole adeguate per rifletterlo, è proprio questa devastazione senza precedenti della nostra capacità linguistica. Non si tratta di deplorare lo scadimento del livello linguistico generale. Piuttosto, si tratta di riconoscere in una precisa trasformazione della lingua che parliamo l’effetto stesso dell’Osceno che ci circonda e che, appunto nella lingua e come lingua, invade e colonizza le nostre vite. Per questo motivo non è errato affermare che la potenza ubuesca degli ultimi vent’anni di storia italiana è una potenza linguistica. Essa sta in diretto contatto con l’alienazione che produce. Non comprendere questa sua natura significa privarsi dell’unica possibilità reale di gettare uno sguardo dentro la palude italiana.»
Gianluca Solla,
“L’Osceno. La società immaginaria e la fine dell’esperienza”,
in Filosofia di Berlusconi, a cura di Carlo Chiurco.