Benché io sappia oramai tantissimo dei problemi sul lavoro che Federico è costretto ogni giorno ad affrontare a causa dell’ormai proverbiale inefficienza di Maurizio, del divorzio malmenato dagli strascichi riservato a Maria Grazia, del matrimonio che sembrava convenire a Nicoletta e che ora la avvilisce ogni giorno di più, di te so poco, anzi pochissimo. Certo: io conosco il tuo aspetto, il biondo dorato dei tuoi capelli, l’abbronzatura che non conosce inverni, il tuo seno generoso, il culo rotondo che ricorda le angurie d’agosto. Conosco il tuo nome, Cristina, e credo anche di sapere che lavoro fai: certamente lavori in un negozio, ché a Pesaro, si sa, i negozi fan giorno di chiusura al lunedì mattina. E ciò io lo deduco da questo fatto: che ogni notte che dalla domenica conduce al lunedì tu puoi trascorrerla predicando lunghi vangeli di parabole, vòlti forse ad insegnare con esempi chissà quale etica pubblica e privata, o – intarsiati come sono di lodi e osanna, di “Diobõ” e “Namadõ” – ad accennare senza nominare chissà quale verità: su tutte queste cose tu istruisci il tuo misterioso interlocutore telefonico. Se dunque, Cristina, per qualche caso fortuito ma gentile ti capita di leggere questo blog, io ti prego: ricordati che dall’altra parte di quel foglio di parete io cerco di dormire.