Chi dicesse, pertanto, che l’amore altro non è che una «reazione» a posteriori ad un valore avvertito, disconescerebbe la natura del suo movimento, già delineata con tanta precisione da Platone! L’amore non consiste nel «fissare», per così dire, in modo affermativo ed emozionale un valore dato che sta dinanzi a noi. Ma neanche si volge a oggetti dati (o persone reali) esclusivamente in ragione dei valori che essi possiedono e che siano già «dati» ancor prima che s’instauri l’amore. In questa idea c’è ancora una volta quel «fissare» il fatto prettamente empirico, che all’amore è tanto alieno. Nell’amore noi avvertiamo certamente il valore positivo dell’oggetto amato, per esempio la bellezza, la grazia, la bontà d’una persona; ma questo possiamo farlo anche senza alcun amore per quella persona. L’amore esiste solamente là dove al valore già dato «come reale» nella persona si aggiunge ancora il movimento, l’intenzione verso ulteriori valori «superiori» possibili, valori superiori rispetto a quelli già esistenti e dati – ma non dati di già come qualità positive.
Essi sono co-intesi soltanto come possibile «fondamento» della struttura d’una totalità e d’una forma. L’amore, pertanto, anticipa sempre alla persona empiricamente data un’immagine «ideale» del valore, per così dire, un’immagine che viene però colta a un tempo come la sua autentica esistenza e il suo genuino valore «veri» e «reali», solo che non sono ancora dati nel sentimento. Questa «immagine del valore» è certamente già modellata sui valori già dati empiricamente nel sentimento – e solamente in quanto è modellata su di essi non si verifica alcuna introiezione, né un’empatia proiettiva, ecc., e quindi neanche alcuna illusione -, ma non è nemmeno contenuta in essi empiricamente, come se fosse una «determinazione» ed un’esigenza obiettivamente ideale perché divenga un tutto ancora più bello e migliore.
Il significato creativo dell’amore (riconosciuto anche da Platone) consiste proprio nel fatto che esso è un movimento nella direzione verso l’«esser-superiore del valore». Ciò non vuol dire che l’amore crea da se stesso i valori e l’esser-superiori dei valori. Niente affatto! Ma in relazione ad ogni possibile senso e ricezione dei valori, anzi anche ad ogni preferenza relativamente alla sfera della percezione e della preferenza – tanto più, quindi, in relazione all’intera sfera, fondata sulla preferenza, del volere, dello scegliere e dell’agire -, l’amore fa sì che per queste sfere di fatti vengano all’esistenza valori completamente nuovi e superiori. Questo vuol dire che l’amore è creativo per un’«esistenza» relativa a queste sfere.
Max Scheler, Essenza e forme della simpatia
(a C e a F: per uomini e città)