L’ombra non processa se stessa
Speaker Dee Mo, Sfida il buio
Dove la legittimazione è accordata solo al tifo, qualsiasi immagine mentale di masse oceaniche che innalzano bandiere appare, all’occhio dell’osservatore, come la manifestazione di una dolorosa contraffazione, l’effetto di un veleno che prolunga la malattia; la bandiera non è più la sintesi di una narrazione articolata: è la corrispondenza esatta del semplicismo grafico con il semplicismo mentale. Per l’osservatore è la scoperta che la coesione sociale non ha valore.
Mai come oggi in Italia l’osservatore ha la possibilità di osservare chiaramente la meccanica a due piani che produce la sua solitudine: il primo piano è quello del tifo, del pro o contro Berlusconi, del pro o contro il Vaticano, del pro o contro l’Inter, del pro o contro gli idoli in generale: è il piano dell’idolatria. Il secondo piano, matrice del primo, è il piano delle idee, delle connessioni logiche, dei valori, dell’antropologia profonda.
La solitudine dell’osservatore, oggi, in Italia, nasce non dalla vittoria del partito di Berlusconi sul primo piano, bensì dal propagarsi, ben più maggioritario, sul secondo piano, di un’antropologia che è atrofizzazione delle facoltà preposte alla percezione del reale, al ragionamento, alla discussione, alla decodifica dell’informazione, un’antropologia che è addirittura rigetto rancoroso di queste stesse pratiche, un’antropologia che è volontà di pochezza.
Sono questa atrofizzazione e questo rigetto a generare il piano dell’idolatria, il regno del tifo, dell’individuo che garantisce la giustezza delle sue istanze mediante il suo essere quell’individuo e non il suo avversario: mentre metà del paese è impegnata a sentirsi coesa contro Berlusconi, l’osservatore è vittima della sua solitudine ogni qual volta un prete pedofilo è di per sé argomento contro un’analisi della poetica di Saramago svolta da un osservatore cattolico, ogni qual volta l’esistenza stessa di Berlusconi è di per sé argomento per condividere ogni cosa sia sostenuta da Roberto Saviano, ogni qual volta si trovi a percorrere mesto la teoria delle statue erette ai tribuni noti per attaccare la persona giusta.