Se tu mi lasciassi dormire

È uscito Funambole di Isabel Farah (Marco Del Bucchia Editore).
Sedici monologhi: Medea, Penelope, Arianna, Clitennestra, Leda, Filomela, Egle, Giocasta, Ersilia, Andromaca, Euridice, Frine, Ermione, Rossane, un’amazzone, Antigone.
Un estratto da “Medea” è stato pubblicato su Scrittori Precari.
Qui ho pubblicato “Penelope” in versione integrale.
Qui sotto pubblico “Ermione” in versione integrale.
Funambole di Isabel Farah si può ordinare da qui.
Venerdì 14, alle 18.30, Isabel, Ilaria Giannini e io lo presentiamo à La Cité, a Firenze.

Ermione

Isabel Farah - Funambole“Sei sveglia?”
“No”.
“A cosa pensi?”
“No, sto dormendo. Non penso a nulla”.

Prendo le foglie da terra, quelle più rosse, non ancora secche. Le raccolgo tutte. Mi vesto d’autunno, poi mi lego un lenzuolo bianco intorno al petto e mi metto al balcone. Verifico che il bianco che ho addosso sia più bianco dei panni stesi. No, i panni sono più bianchi e svolazzano e profumano. Allora faccio a cambio. Ma addosso a me, mi sembra, il bianco diventa giallognolo. Il profumo addosso lo sento forte; mischiato al muschio bianco, c’è l’odore della mia pelle. Insieme non mi piacciono. Mi tolgo il lenzuolo di dosso, allargo le braccia, lascio che il vento mi faccia diventare un aquilone, chiudo gli occhi. Mi sento lei.

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Piano A

Il commissario Luca Palermo guida con la mano sinistra, con la destra si prende a schiaffi la fronte, e si dà dello stupido, e non riesce a trattenere un sorriso. È un tardo pomeriggio di ottobre. La Yaris fila sull’asfalto perfetto di una strada di periferia. Attorno il tramonto getta un velo rossastro sul cemento nudo che chiude i terrapieni, sui blocchi forati, sulle gru e i caterpillar, sui nastri di plastica tesi tra una spranga all’altra, che vibrano al vento leggero. Ogni tanto si leva un palazzo già realizzato, un supermercato dalla sigla sconosciuta, un’edicola dispersa nel nulla.
Palermo scuote il capo mentre ripensa alle parole pronunciate da Giancarlo Giliotti e Maria Montesi tre mesi prima.
«Io queste cose, stare in televisione, parlare del dolore, non le so fare», aveva detto lui, «non le ho mai rette quando le facevano gli altri, non le capivo».
«Non siamo stati capaci di andare ai telequiz per provare a campare, s’immagini lei, Commissario» aveva fatto la moglie.
«Però», aveva aggiunto Giliotti allargando le braccia, «se serve a far appassionare quanta più gente possibile alla storia di Franci, lei capisce: è questione di vita o di morte». […]

Nella rubrica Speedromance di Ziguline, a cura di Patrizio D’Amico, si può leggere il mio racconto Piano A.
L’idea di base di Piano A è dell’amico Luca Palermo, per questo il protagonista del racconto si chiama Luca Palermo.

Il cinema del padre di Alvise (estratto)

[…] Sapevo però che da San Marino il padre di Alvise tornava con decine di videocassette VHS, perché questo Alvise lo diceva sempre, e citava Totò, Alberto Sordi e Lino Banfi e diceva che il cinema italiano era il migliore del mondo. Alvise era molto contento di essere italiano. Quando andavamo in pizzeria, Alvise masticava lentamente e mi scrutava; finito di mangiare, alla terza birra, cominciava a spiegarmi quanto fossero bravi gli italiani, tutti, specialmente suo padre. Gli italiani erano emigrati e avevano costruito il mondo, Al Capone, Vito Corleone, Cristoforo Colombo, Alberto Sordi, Roberto Baggio, gli italiani erano creativi e furbi e accoglienti, e poi l’impero romano aveva costruito Roma, e i templi in Sicilia, e le piramidi, e aveva dominato quei coglioni degli inglesi. E qui gli venivano gli occhi lucidi, mi fissava e diceva: «Ti rendi conto? L’impero romano. L’impero romano. Ha dominato quei coglioni degli inglesi. Capisci? Hai capito?» […]

Sull’ultimo numero della rivista “Close Up – storie della visione” (qui il sito) c’è un mio racconto intitolato Il cinema del padre di Alvise.

E io oggi pago il fottuto viaggio di Ulisse

È uscito Funambole di Isabel Farah (Marco Del Bucchia Editore).
Sedici monologhi: Medea, Penelope, Arianna, Clitennestra, Leda, Filomela, Egle, Giocasta, Ersilia, Andromaca, Euridice, Frine, Ermione, Rossane, un’amazzone, Antigone.
Un estratto da “Medea” è stato pubblicato ieri su Scrittori Precari.
Qui sotto pubblico “Penelope” in versione integrale.

Funambole di Isabel Farah si può ordinare da qui.

Penelope

Isabel Farah - FunamboleNemmeno un angolo in cui poter liberamente urlare dentro. Osservarmi spegnermi, regalarmi un funerale interiore degno dell’amore che mi voglio. Stipata in un tavolo perennemente troppo piccolo; respiri di troppo inondano l’aria. Il tempo, il tempo, il tempo di osservare i movimenti frenetici e senza senso del respiro del mio cuore, di me, del mondo che sono io, stando ai filtri.
Nemmeno il tempo per rimproverarmi dell’odio dilatato che provo ora, nemmeno lo spazio per ricordarmi che devo stendermi e che mai devo diventare nera. Nemmeno il buio per potere piangere la mia era, la mia personale era: a Penelope non viene dato lo spazio per dire a Ulisse che non sarà lei a pagare l’angoscia del suo viaggio. Penelope paga, e basta. Omero ha deciso così; Omero e Ulisse. E dio e l’uomo. E il creatore e il primo creato. Privilegiato. E la donna. E io. E Penelope. E Penelope, che non ha nemmeno la facoltà di odiare, che non ha nemmeno il coltello di Clitennestra, che non scopa come Elena, che non punisce ciecamente: che non è Medea.

Chiudi la porta. Portati via la porta. Non respirare più. Se vorrai morire, non avvisarmi.

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And the radio plays

 …Ad aumentare l’interesse per il progetto è il fatto che la CNP ha compiuto un gesto di estrema emancipazione dai meccanismi editoriali di questo paese, esercitando una forma di autopubblicazione al di là di ogni compromesso, con una formula all’avanguardia che elimina in un solo colpo tutti gli intermediari editoriali. Ecco dunque che troviamo l’elemento chiave che determina la linea di rottura fra l’operazione di CNP e, da un lato, la forma narrativa blogghistica con la sua natura frammentaria e, dall’altro, l’autopubblicazione tramite servizi online sul modello di lulu.com. Questo elemento è la fiducia nella qualità della propria scrittura e nelle competenze editoriali acquisite lavorando per anni nel settore dell’editoria…

Qui, su Il lavoro culturale, Claudia Boscolo parla di Lo zelo e la guerra aperta, della Cooperativa di narrazione popolare, e intervista Ilaria, Enrico e me.

Su Lo zelo e la guerra aperta hanno scritto anche S.A., Nicola Ciccoli e Matteo Pascoletti. Della CNP ha parlato anche Mattia Filippini.

UnumBomberz

Ho realizzato un videocorso di filosofia antica per Oilproject.
Questi sono i link ai singoli video:

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Tu sei un altro

Sabato alle 16.30 alla Biblioteca San Giovanni, a Pesaro, Demetrio Paolin e io presentiamo La seconda persona, poi Demetrio legge un inedito, o forse due.

Questo invece viene da La seconda persona:

Demetrio Paolin, La seconda personaTu non parli mai veramente con nessuno. Tu sei un altro, l’altro te: il fantasma, quello che nutre le parole, che tradisce e scopa con chiunque, che piange e muore ogni volta. E se risorge è solo per scherno. Tu sei il compagno grigio pallido come l’inverno sfinito, quello violento, colui che non ama teneramente, ma possiede, che impone il suo seme alla gente, che lo espone alla terra.
Tu non sei quello che ci si aspetta da te.
Chissà cosa si aspettava, tua madre. Quale segreto teneva nel cuore nei pomeriggi davanti al sussidiario? Non eri tu, ma sembrava normale, per una donna, figliare. Ecco, ti penti di non averglielo mai chiesto, di non averle mai detto: ma tu che figlio pensavi di avere?
Forse voleva un figlio diverso, opposto a quello che sei tu. È questa stoffa di delusione, mai detta, che lega te e tua madre: il non essere stato mai quello che lei desiderava. È cretina questa cosa, ma ti rimane nella gola: non sei mai quello che gli altri vogliono per te, e viceversa, tu sei sempre altro rispetto a quello che sei veramente. Chiunque si attende da te una determinata cosa, tua madre, tuo padre, tua sorella, la persona che ami, e tu non sai chi sei veramente: c’è il tuo fantasma, che se ne esce come un fiotto di notte, e provoca danni e ferisce. E nei loro occhi vedi quello che non sei. Tu gli vorresti cantare: mi fa disperare il pensiero di te e di me che non so darti di più. È in questa mancanza che tu esisti, è solo nel tuo non-essere-niente-di-quello-che-loro-vogliono che puoi essere.

Qui si può leggere un altro estratto dallo stesso libro.