Qualche considerazione a margine dell’ultimo pezzo su Scrittori Precari, dove scrivo «dell’attacco che la tecnocrazia spesso muove alla formazione umanistica: non servendo quest’ultima ad altro che allo strato più spirituale della nostra persona, secondo un paradigma tecnocratico, essa non serve a nulla, e questo perché, là dove serve, la tecnica vede il nulla».
Di solito non parlo di letteratura* – e nemmeno di filosofia – in generale, perché, se dovessi dire qualcosa in generale, direi che la letteratura – come la filosofia – non serve a niente. Però ho deciso di cogliere l’occasione e provare – non so se ci riuscirò – a dire perché secondo me la letteratura non serve a niente.
In modo forse analogo, Heidegger affermava che «È quanto mai esatto e perfettamente giusto dire che “la filosofia non serve a niente”» (Introduzione alla metafisica). A me Heidegger non sta particolarmente simpatico e mi sembra di percepire il tono snob di quel pensiero. Immagino che fosse un pensiero polemico, e in questo lo comprendo. Carnap criticò Heidegger accostando la metafisica alla poesia (La sintassi logica del linguaggio). Arendt rimproverò a Carnap di sottovalutare, evidentemente, la poesia (La vita della mente).
E così torniamo alla letteratura. Nussbaum ha detto che la letteratura serve a comprendere gli stati affettivi, a sviluppare compassione e altruismo, e quindi bisogna coltivarla, ché sennò uno vota male, e le democrazie vanno a rotoli (Coltivare l’umanità).
Sono convinto che Nussbaum abbia ragione, ma non riesco ad aderire al suo discorso, ci trovo qualcosa che tradisce il senso di ciò che intendo dire quando dico che la letteratura non serve a niente, il senso autentico di tutte le esperienze e le forme di vita che si nutrono della lettura abituale di romanzi – o di opere filosofiche. Perché non si tratta solo del niente che il tecnocrate vede là dove io vedo uno strato profondo e particolare della persona, proprio ciò che rende quella persona quella persona e non un’altra; se così fosse Nussbaum avrebbe detto tutto; invece credo che abbia detto solo la metà cercando di andare incontro al paradigma del tecnocrate, ma non si può, non si deve andare incontro al paradigma del tecnocrate; e questo perché secondo me c’è un altro significato della frase “la letteratura non serve a niente”, un significato intorno al quale girerò un po’, nel prossimo post o nei prossimi post, perché poi la mia idea, in sé, è molto semplice, ed è che la letteratura, per servirti a qualcosa, non ti deve servire a niente.
* Intendo qui con il termine “letteratura” la somma di ciò che chiamiamo “narrativa” e “poesia”, escludendo la prosa filosofica e scientifica. Matteo mi ha fatto notare che ci starebbe anche il teatro, e ha ragione. Qualche dubbio sulle operette morali (e i dialoghi platonici, allora?). In generale, in questi post ci saranno delle approssimazioni, ne sono consapevole; l’intenzione è quella di invitare lo sguardo in una direzione e di unire un po’ di puntini. Anche potrebbe nascere un problema sulla distinzione tra buona e cattiva letteratura; credo che lo sfiorerò sotto un determinato aspetto, ma non è mia intenzione approfondirlo in generale.